6 Ottobre 2022 in Science & Technology

LA VERA SCOMMESSA DIETRO L’AUTO ELETTRICA

Una delle malattie che affligge la comunicazione è il desiderio di ridurre ogni tema ai suoi minimi termini, disinformando e creando due fronti di tifosi. Basti pensare alla questione deiNoVax contro i SiVax,che ha coinvolto anche luminari della scienza, o alla questione Ucraina.Questomodo di affrontare la complessità permea non solo i media, ma anche le sale in cui si prendono decisioni – un problema ancora più grave quando in gioco c’è l’ambiente e la sopravvivenza della vita sul pianeta.Nel caso dell’auto elettrica(EV) si contrappone chi sostiene che EV risolverà tutti i problemi di emissioni di CO2, dall’altro chi crede che EV sarà la fonte di inenarrabili cataclismi.

ISiWatt accusano gli uni di essere al soldo dei grandi magnati del petrolio,mentre i NoWatt accusano gli altri di essere degli ignoranti al soldo dei Governi. Il sospetto è che anche in seno al Parlamento Europeo ci sia stata una divisione simile, e che certe decisioni irrazionali sianopiù il parto di pance gorgoglianti che di teste pensanti. Qui cerchiamo, con prudenza ed amore per il dettaglio, di mettere sul piatto i pro ed i contro, lasciando ad ogni lettore decidere da che parte debba pendere la bilancia: in ogni caso, la sintesi è tutt’altro che a portata di mano.

Cercando di ragionare sui fatti, e sulle conseguenze delle decisioni prese. Se l’Unione Europea, ad esempio, chiude le strade al motore a scoppio, significa questo che il pesantissimo traffico navale, aeronautico e su camion si fermerà ai nostri confini, aumentando tutto intorno a noi? Significherà che tutti i nostri concorrenti vivranno in un’economia del petrolio, dove si viaggia a prezzi stracciati, e che noi dovremo pagare un enorme surplus per consegnare a casa ciò che ci verrà portato solo alla frontiera? O costringeremo a cannonate i paesi poveri a comprare la Tesla? E chi rifornirà di elettricità le nostre auto non appena raggiungeranno i confini dell’Unione? Ma davvero l’Occidente è abbastanza ricco per permettersi questo?

La decisione di Bruxelles

8 giugno 2022: il Parlamento Europeo approva la fine dei veicoli a combustione nel 2035[1]

Nell’ambito del Green Deal europeo, con la leggesul clima, l’Unione Europea, che è terzo produttore di gas serra dopo la Cina e gli Stati Uniti, si è posta l’obiettivo vincolante di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, riducendo i gas serra del 55% entro il 2030: qualcosa che è divenuto un vero obbligo giuridico per l’intera Unione. Il pacchetto delle proposte, che prende il nome di “Fit for 55”[2],è stato fatto proprio dal Parlamento Europeo l’8 giugno 2022 con 339 voti favorevoli, 249 contrari e 24 astenuti, e riguarda la revisione della legge sulle emissioni di CO2[3].

Le principali direttive sono epocali,le case automobilistiche devono ridurre le emissioni medie di tutta la loro flotta del 100% a partire dal 2035, con misure intermedie nel 2025 e nel 2030, e c’è un solo modo per farlo: la completa sostituzione della propulsione termica con quella elettrica. Questo si traduce nello stop totale della produzione di veicoli alimentati a benzina, diesel, Gpl ed ibridi. Il motore a scoppio, brevettato nel 1853 dagli italiani Eugenio Barsanti e Felice Matteucci pare sia destinato a scomparire. Una decisione che spaventa. Tra i primiad opporsi è la Germania, che ritira il suo sostegno: il ministro dei Trasporti, Volker Wissing, è convinto che la strada migliore da percorrere sia un approccio olistico che preveda soluzioni su più fronti, soprattutto quella dei combustibili sintetici e-fuel[4].

Anche la Francia si oppone, preferendo un obiettivo temporale più “morbido” e difendendo i motori ibridi plug-in[5]. In Italia il Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani esprime forti dubbi sulla scelta per l’elettrico: accusato dai Verdi di voler “sabotare la transizione ecologica”[6], è per un approccio più cauto e per l’uso dei biocarburanti. Anche se l’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica[7]) parla del rischio di perdita di 70’000 posti di lavoro[8], il Ministroè convinto che tali posti verranno riassorbiti da nuove professionalità e nuovi servizi[9].Italia, Portogallo, Slovacchia, Bulgaria e Romania chiedonouna riduzione del 90% di CO2 delle auto entro il 2035 e un obiettivo del 100% entro il 2040: cinque anni di tempo in più[10].

ACEA, l’associazione europea dei produttori di automobili, considera la decisione UE incauta ed è scettica sulle tempistiche. La sua posizione scatenadefezioni illustri, come Volvo e Stellantis, in disaccordo con questa visione[11]. Anche la cinese Geely Auto Group ha deciso di lasciare ACEA[12]. Il fermento è enorme, anche perché c’è chi considera la transizione verso gli EVsineluttabile ed anticipa i tempi: già nel 18 novembre 2020 la Gran Bretagna annunciavail divieto di vendita, entro il 2030, di nuove auto e furgoni a benzina e diesel dal 2030, cinque anni prima del previsto[13].

Si tratta di un paese che ha da decenni perso le proprie industrie automobilistiche. Gli anglosassoni sono stati i primi del G7 a fissare per legge un obiettivo di emissioni zero entro il 2050. Lo stop è annunciato anche dalla California e dal Canada, ma entro il 2035[14].Il 4 dicembre 2020 la Danimarca, per ridurre le emissioni del 70% entro il 2030, ha dichiaratodi voler far salire il numero degliEVsed ibride circolanti dalle attuali 20’000 alle 775’000 auto entro il 2030, ma con l’obiettivo ancora più ambizioso di sperare quanto prima la soglia di 1 milione di auto[15].

Il mercato del veicolo elettrico vola

Totale degli EV venduti nel mondo per anno[16]

Il mercato dell’EV è una realtà in vertiginosa crescita: malgrado il 2020 sia stato,acausa della pandemia, un anno da dimenticare (per tutto il settore auto), la vendita degli EV rispetto al 2019 ha fatto registrare un balzo in avanti del 43%,e la quota di mercato globale dell’industria EV è salito del 4,6%[17] – un record. Il 2021, nonostante la persistente carenza di chip e l’aumento dei prezzi delle materie prime chiave, ha visto addirittura il raddoppio degli EV: 6,75 milioni di veicoli venduti[18], e l’anno si è chiuso con un totale di 16,5 milioni di EV circolanti nel mondo[19].

Il 2022 è un anno ancora più eccezionale:4,2 milioni di EV venduti nel primo semestre, in crescita del 63% rispetto allo stesso periodo del 2021[20]; i dati riassuntivi relativi al solo mese di giugno 2022 vedono 913’000 EVs vendute, in aumento del 54% rispetto a giugno 2021[21], con una quota di mercato del 16% per giugno 2022 e del 12% da inizio anno. Le prospettive sono ancora più ottimistiche, visto il generale sostegno politico riscosso dall’intero settore in tutto il mondo: la spesa pubblica per sussidi e incentivi destinati agli EV è raddoppiata nel 2021, arrivando a quasi 30 miliardi di dollari, e c’è da aspettarsi che le cifre impegnate nel 2022 dai governi saranno di gran lunga superiori[22].

La Cina rimane il più grande mercato di EVs (nel 2021 sono stati venduti più EV in Cina – 3,3 milioni – che nel mondo intero nel 2020[23]). L’Europa sta recuperando terreno, trainata da una forte politica sulle emissioni. Negli Stati Uniti, il mercato continua ad essere sostenuto dal successo della Tesla Model Y: c’è un forte orientamento generale delle case automobilistiche verso l’EV, puntando soprattutto su mezzi di lavoro come l’F-150 di Ford e il Silverado di General Motors[24].Ma i veicoli EVs costano di più degli ICEVs(il veicolo con motore endotermico, ovvero InternalCombustion Engine Vehicle), ed in Cina si cerca di far fronte al problema producendo EVs piccoli e dal costo accessibile (in media il 10% in più di un’auto tradizionale): ci sono però aree dove acquistare una EV è ancora proibitivo, come Brasile, India e Indonesia (appena lo 0,5% del parco auto totale circolante), anche se l’India è riuscita comunque a raddoppiare le vendite nel 2021[25].

La pandemia e la guerra in Ucraina hanno frenato globalmente il mercato, ma per l’AnnouncedPledges Scenario dell’IEA del 2022[26], che si basa su impegni e annunci politici incentrati sul clima, i veicoli elettrici rappresenteranno oltre il 30% dei veicoli venduti a livello globale entro il 2030. Un dato impressionante, ma ancora ben al di sotto della quota del 60% necessaria, entro quella data, per raggiungere lo zero netto di emissioni di CO2 entro il 2050[27]. Secondo le stime di IEA, nel 2030 gli EVs raggiungeranno poco più del 20% delle vendite[28]. È lecito chiederci se le direttive di Bruxelles poggino su una corretta pianificazione o se, come profetizzano gli scettici, dovremmo aspettarci un parziale se non totale fallimento degli obiettivi. Ma la vera domanda è: con quanta forza tali decisioni incideranno in relazione ai vari ambiti sociali, politici, industriali, geopolitici, economici e ambientali?

L’auto elettrica: perché è vantaggiosa

Un EV, rispetto ad un ICEV, ha un equipaggiamento dei componenti più ridotto e necessita meno manutenzione[29]

Il principale vantaggio è ovviamente l’emissione di CO2 in esercizio vicina allo zero. Un altro vantaggio indiscutibile è l’efficienza energetica. In un ICEVsolo il 30%dell’energia muove le ruote: il restosi trasforma in calore, eviene sprecata. Negli EVs invece si hanno rendimenti che superano l’80%[30]. E c’è la semplicità costruttiva: un EV è compostoessenzialmente dal pacco batterie, necessario per accumulare e fornire l’energia, il propulsore elettrico (che ha una struttura molto semplice), l’inverter (il circuito che governa ilpropulsore), e il sistema termico, mantiene le giuste temperature nel motore e dell’abitacolo. Non c’è il cambio, poiché velocità e potenza vengono gestiti direttamente dall’inverter, e mancano molte altre parti meccaniche. Restano gli assi, le ruote, il differenziale, le sospensioni, ifreni, l’illuminazione.

La semplicità si traduce in enormi vantaggi, sia nell’affidabilità che nei costi di manutenzione. L’impianto frenante è l’unico a presentare una certa usura, ma è notevolmente ridotta rispetto agliICEVs: per frenare, un EV sfrutta lo stesso motore e, in questa fase, utilizza la forza di inerzia per ricaricare le batterie, quindi recupera energia che negli ICEVs va dispersa. Il resto della componentistica è immaginabile possa avere una durata pari al completo ciclo vitale dell’auto.Il ridotto uso di componenti ha anche un’altra conseguenza positiva: un aumentato spazio di carico. Anche EVs di volume molto ridotto offrono bagagliai più ampi delle auto a benzina.

Un altro vantaggio è la capacità di ottenere la coppia massima a bassissimi regimi: la “coppia motrice” è la potenza che il motore è in grado di garantire in termini di spinta ai bassi e medi regimi. Un motore termico ha come caratteristica quella di sviluppare meglio la sua potenza da un certo numero di giri in su. Questo non è vero con i motori elettrici, che sono in grado di rilasciare la massima spinta anche con giri prossimi allo zero[31]. Sul piano delle prestazioni è un vantaggio notevole: nessun ICEVraggiunge le brillanti prestazioni di un EV.Un altro punto a favore è la silenziosità, di gran lunga inferiore rispetto ad un ICEV.

Gli aspetti controversi

La batteria al litioè il pezzo più controversoin termini di costi, sicurezza, autonomia, peso ed inquinamento[32]

Un’importante premessa: siamo in ambito tecnologico, i cambiamenti possono essere rapidissimi ed imprevedibili, perché già domani una nuova scoperta potrebbe rivoluzionare l’auto elettrica come è oggi.Il pacco batterie, che è il fulcro attorno al quale ruota l’intero veicolo, è anche quello che tocca gli aspetti più sensibili: costo,peso, ricarica, autonomia,ciclo vitale e sicurezza. Altriaspetti, come la produzione e lo smaltimento delle batterie,li affrontiamo in un paragrafo successivo: qui ci si limita alle questioni prettamente confinate all’uso e alla manutenzione del veicolo.

Il costo: è quello che ha il peso maggioresul prezzo finale del veicolo. Solitamente le batterie non sono direttamente prodotte dalla casa automobilistica, ma vengono acquistate da fornitori esterni, e questo rende il loro costo simile per tutti.Secondo Cairn Energy, Tesla paga una media di 142 dollari per chilowattora (kWh) per le celle della batteria acquistate dai suoi tre fornitori: Panasonic, LG Chem e CATL. In confronto, GM paga una media di 169 dollari per kWh per le sue celle della batteria, mentre la media del settore è di circa 186 dollari per kWh. I dati di Cairn stimano che i pacchi batteria di Tesla costano, in media, 187 dollari per kWh, mentre i pacchi GM costano 207 dollari per kWh; l’industria automobilistica spende in media 246 dollari per kWh per i pacchi batteria[33].La centralità di questo componente sta però portando i produttori di automobili ad assumere un ruolo meno passivo e ad investire in prima persona nella progettazione e produzione delle batterie[34].

Il peso: è un aspetto cruciale, poiché per ottenere un’autonomia che doni sufficiente versatilità all’EV, si raggiunge un peso importante – attualmente tra i 600 Kg e i 1400 Kg, ma ci sono veicoli di punta come la Tesla nei quali superano i 3500 Kg. Il peso notevole incide negativamente sull’agilità di guida – anche se c’è da dire che il pacco batterie, essendo nella parte più bassa dell’auto, genera un abbassamentodel baricentro e quindi aumenta la stabilità –e incide sui consumi. È un cane che si morde la coda: un peso maggiore equivale ad un accumulo maggiore e quindi ad una autonomia maggiore, ma nello stesso tempo il maggior peso incide negativamente sull’autonomia. Per questola ricerca di un buon compromesso è l’aspetto nel quale le case automobilistiche concentrano gli sforzi maggiori.

Tempo, modalità di ricarica e fabbisogno energetico. Questo è uno degli elementi che agisce maggiormente da freno nell’acquisto di un EV: fare il pieno di benzina richiede tre o quattro minuti, fare il pieno di “elettroni” può variare dai 30 minuti a diverse ore. Un tipico EV con batteria da 60 kWh completamente scarica impiega poco meno di 8 ore per caricarsi completamente con un punto di ricarica da 7 kW, mentre una Tesla Model S potrebbe richiedere ben 21 ore con una colonnina di 3,7 Kw[35]. Le colonnine hanno solitamente la possibilità di erogare la potenza con diverse modalità, lenta, veloce e rapida (compatibilmente con i sistemi di ricarica delle EVs), e questo influisce notevolmente sui tempi di ricarica. Tuttavia, utilizzare ricariche molto rapide equivale a generare una notevole corrente che finirà per aumentare considerevolmente la temperatura delle batterie e accelerandone il degrado[36].

Peso delle batterie in rapporto alla potenza fornita[37]

Per capire il processo di ricarica vanno specificati alcuni aspetti. Il primo è la capacità della batteria, ovvero quanta energia elettrica è in grado di immagazzinare. Questo si misura in chilowattora (kWh). Più sono i kWh di una batteria e più energia potrà contenere (e quindi più chilometri la macchina può percorrere con un pieno). Il secondo aspetto è la potenza (o velocità) di ricarica: è la misura di energia effettiva nel tempoche viene trasferita dalla stazione di ricarica alla batteria della macchina.

Idealmente, questadovrebbe essere uguale alla potenza della stazione di ricarica ma in realtà viene limitata da una serie di fattori, tra cui: a) la potenza della stazione di ricarica, ovvero quanti kW al minuto entrano nella batteria dell’auto. Ad esempio, una Wall Box da 22 kW, installata in una casa in cui la disponibilità di energia massima è di 3 kW, quello sarà il vero limite della ricarica; b) la potenza di ricarica massima della macchina – spesso più basso della potenza della stazione di ricarica; c) attaccando il proprio cavo di ricarica a una colonnina può succedere che la corrente massima ammissibile dal cavo limiti la potenza di ricarica. Cavi che possono portare correnti maggiori hanno un costo maggiore; d) specialmente in ambiente domestico, le colonnine sono collegate a reti con limitata disponibilità di energia e pertanto vengono rallentate in modo da non causare blackout.

Per calcolare quanto tempo occorre per fare il “pieno” basta applicare la seguente formula:

Il risultato di questo calcolo sono le ore necessarie a caricare la batteria della macchina (da totalmente scarica a totalmente carica). Ecco alcuni esempi:

Tempi di ricarica della batteria della macchina da totalmente scarica a totalmente carica[38]

Detto ciò, se ipotizziamo un consumo medio di 15 kWh per 100 km, alla potenza di ricarica di 3 kW servono 5 ore circa per fornire la carica sufficiente a percorrere 100 km, mentre servono circa 2 ore a 7 kW e circa 40 minuti a 22 kW. Le colonnine AC più diffuse arrivano fino a 22 kW in trifase mentre 7,4 kW è il limite massimo del monofase – un aspetto fondamentale nel momento in cui si deve affrontare il ricablaggio delle reti urbane che non può prescindere dal fatto che le stazioni che consentono di raggiungere le velocità di carica superiori sono quelle DC-Direct Current (chesono anche le più complesse tecnicamente e le più costose)[39].

Per collegarsi alla colonnina serve il cavo CCS Tipo 2 (lo standard europeo più diffuso per la ricarica cosiddetta “lenta”, ovvero in corrente alternata, fino a velocità tra i 40 e i 50 kW) e la potenza varia a seconda del modello e del fornitore del servizio: ENEL X permette di ricaricare a 50/100 kW, Tesla fino a 250 kW e Ionity fino a 350 kW[40]. Non tutte le auto supportano tutte le potenze di ricarica in DC. Fa sempre fede il valore massimo indicato dalla vettura. Sicché, ad esempio, una Kona Electric ricarica a massimo 70 kW anche ad una stazione Ionity da 350 kW[41]. Quando si parla di ricarica “rapida” si consideri che, una Tesla Model 3, impiega comunque circa mezz’ora con Supercharger V3 ed una Hyundai Kona Electric poco meno di un’ora con Enel X o simili)[42].

Altri esempi, basati sui Km da percorrere: a) per ricaricare 50 Km, avendo come riferimento un consumo di 15 kWh per 100 km, con una potenza di ricarica di 2,3 kW servono poco più di 3 ore; b) utilizzando le colonnine AC si possono ricaricare fino a 100 Km in meno di un’ora, con auto dotate di caricatore trifase a 22 kW;c) una stazione rapida DC, come detto, può ricaricare 50 Km in tempi molto ridotti ma molto variabili; d) con una Tesla Model 3 Long Range caricata al Supercharger V3 si può scendere fino a 5/6 minuti[43]. Questo caso, però, richiede un power cabinet da 1 MWche eroga 250 kW per veicolo.Un carico di alimentazione veramente difficile da gestire.

Quindi, a prescindere dalla tecnologia delle batterie e dei sistemi di ricarica (che tra 10 anni sapranno offrire prestazioni senz’altro migliori), la questione è che, più si accorciano i tempi di ricarica, più si deve fornire all’EV maggiore potenza istantanea. Il problema del fabbisogno energetico non viene attenuato nemmeno dal continuo varo di nuove soluzioni e/o funzionalità tecnologiche, come nel caso della On-RouteBatteryWarmup, che abilità il preriscaldamento della batteria, di modo che, all’arrivo nei Supercharger, l’accumulatore sia alla temperatura ideale per la ricarica: una soluzione che può ridurre i tempi di ricarica del 25%, ma non riduce la potenza necessaria per ricaricare[44].

Autonomia e diffusione dei punti di ricarica

Numero corrente di punti pubblici di ricarica per ogni paese europeo in rapporto ai veicoli circolanti (Fonte Virta)[45].

L’autonomia è legata all’efficienza dell’auto: ad esempio una Mercedes 2022 EQS 450+percorre circa 395 miglia con una piena ricarica, mentre una Audi e-tron Quattroraggiunge 188 miglia di autonomia[46]. Tali dati sono altamente indicativi, poiché dipendono da numerosevariabili come il carico, lo stile di guida, la topografia, la temperatura esterna, il tipo di pneumatici, l’utilizzo del riscaldamento, dell’aria condizionata o di altri dispositivi che si aggiungono al normale assorbimento – ed infine l’età delle batterie[47].

Se mettiamo a confronto l’autonomia generale di un EV rispetto ad un ICEV, questa risultaancora notevolmente inferiore: l’EV finisce quindi per essere preferitoda chi ha l’esigenza di effettuare piccoli spostamenti, mascoraggia chi vuole effettuare lunghi viaggi. Soprattutto per questi ultimi incombe un altro svantaggio: la scarsa diffusione dei punti di ricarica, fatto che genera l’inevitabile “ansia da autonomia”. Ci sono solitamente diverse dislocazioni per le cosiddette colonnine, come quella domestica, nei posti di lavoro o nelle aree pubbliche, e la percentuale di utilizzo varia da paese a paese – oltre ad esserci differenze di abitudini e di stili di vita, si è anche in presenza di forti divari infrastrutturali. La scelta del luogo dove collocare una colonnina è legata da elementiprecisi. Per esempio, contrariamente al resto d’Europa, Finlandia e Svezia prediligono le stazioni residenziali[48].

La situazione del numero dei punti di ricarica non è oggi sufficiente nemmeno per gli EVs attualmente circolanti, tra l’altro in repentina crescita: nell’Unione Europea esistono circa 330’000 colonnine[49], ma il loro irregolare dispiegamento non consente di viaggiare in tranquillità. Germania, Francia e Paesi Bassi hanno il 69% di tutti i punti di ricarica nell’UE, mentre 10 paesi europei (come l’Italia) non arrivano nemmeno ad un solo caricabatterie ogni 100 km di strada[50]. La Commissione Europea si è posta come obiettivo 1 milione di punti di ricarica entro il 2025, prevedendouna frenetica corsa contro il tempo. Secondo una ricerca di Uswitch, il divario nella distribuzione di colonnine di ricarica tra le capitali europee è enorme: si va dalla virtuosa Oslo che possiede 5,47 stazioni per Km2o 3,98 per 1000 abitanti, alla pessima Sofiacon 0,01stazioni per Km2, 15 in tutta la città[51].

Mediamente le società di gestione dell’energia hanno un atteggiamento ottimistico, e credono che i tempi di adeguamento permetteranno di costruire una rete adeguata ed efficiente[52]– anche se esistono profonde differenze regionali, ed ogni Paese avrà diverse possibilità di accesso. Basti pensare che la UE ha raggiunto nel 2020 l’obiettivo del 22% di energia prodotta da fonti rinnovabili (prevede il raggiungimento del 63% entro il 2030[53]), ma se osserviamo i singoli Paesi troviamo l’Islanda con l’83,7%, mentre Malta è soltanto al 10,7%[54].

Il caso italiano: entro il 2030gli obiettivi per la decarbonizzazione prevedono un parco di 6 milioni di veicoli elettrici (BEV + Ibridi Plug-in) sulle strade, che hanno a disposizione solo 24’000 punti di ricarica, la maggior parte dei quali è a corrente alternata, con potenze fino a 22 kW, e per lo più concentrati al nord. Secondo le stime alla base del PNRR, al 2030 l’Italia ha bisogno di 3,4 milioni di punti di ricarica (tra privati e pubblici), di cui 32’000 punti pubblici ultra veloci. L’associazione Motus-E (che include case automobilistiche, fornitori di energia, di servizi e operatori di stazioni di ricarica) ha elaborato uno scenario che prevede per il 2030 una rete di 98’000 punti di ricarica pubblici – per cui il PNRR ha stanziato poco più di 740 milioni di euro per il potenziamento della rete di ricarica per i veicoli elettrici[55]. Ovvio: un tedesco o un finlandese, abituati ad incontrare una colonnina ogni 5 Km, non scelgono una meta turistica in cui rischiano di rimanere bloccati senza ricarica.

A confronto le migliori con le peggiori città d’Europa per la presenza di colonnine di ricarica (Uswitch report)[56]

Il piano, sempre in Italia, prevede entro il2026 la realizzazione di 7’500 stazioni di ricarica sulle autostrade e superstrade da almeno 175 kW, e 13’000 stazioni ad almeno 90 kW nelle città. Secondo Motus-E, includendo l’impulso dato dagli investimenti del PNRR, al 2030 si potrebbe arrivare a 108’000 punti di ricarica, con un mix composto al 51% da punti fast e ultra fast (>50 kW) e al 49% da punti quick (22 kW). Ciò comprende circa 2000 punti di ricarica ultra veloci sulla rete autostradale, con una stazione di ricarica ogni 25 km, ciascuna composta (in media) da 3 stazioni di ricarica per un totale di 6 punti di ricarica, con potenze medie di 130 kW”[57].

L’attuale realtà degli ICEVs è che disponiamo di una capillare presenza sul territorio di distributori di gasolio, benzina e GPL, con ridottissimi tempi di rifornimento. Nel caso degli EVs,mancano le aree di ricarica, ed i tempi di rifornimento vanno dal quarto d’ora (rarissimamente) a diverse ore, a seconda della potenza erogata dal punto e dalle modalità di ricarica supportate dal veicolo[58]. Non solo: cosa significa aumentare i punti di ricarica per consentire a tutti di ricaricare come si fa oggi con gli idrocarburi? Proviamo a dare una risposta.

Le stazioni di ricarica impatteranno in modo significativo sui consumi medi di una qualsiasi città, che non ha una rete elettrica sufficientemente dimensionata: per le EVs avremo bisogno di moltiplicare la produzione di energia elettrica. Questo richiede uno sforzo notevole di adeguamento, con ripensamenti strutturali ed investimenti importanti. Fatto fondamentale è l’energia che, per raggiungere la neutralità climatica, dovrà necessariamente essere prodotta da fonti rinnovabili.

Ciò obbliga ad un profondo ripensamento delle attuali strutture, come ad esempio la diffusione di punti di generazione di energia autonoma ibrida (solare/eolica) ove possibile: ma è realistico poter realizzare tutto questo in pochi anni? E quale è la percentuale del territorio del pianeta che deve necessariamente essere coperto da pannelli fotovoltaici e pale eoliche per potercela fare? Nella situazione odierna dovremmo costruire decine e decine di nuove centrali elettriche alimentate a petrolio o a gas, o a carbone. Se decidessimo oggi di costruire una centrale nucleare, questa potrebbe entrare in funzione, se tutto va bene, fra 15/20 anni.

L’argomento è molto delicato. Se si pensa che, uno dei modi più dibattuti per far fronte all’inevitabile difficoltà di ricarica, vista l’attuale scarsa diffusione di colonnine pubbliche ed i tempi di rifornimento, è quello di orientarsi sempre più verso punti di ricarica domestici per sfruttare i tempi notturni – anche per i minor costi dell’energia rispetto a quella pubblica – o verso luoghi di impiego per sfruttare i tempi “morti” durante il lavoro, o nei grandi centri commerciali, si apre allora un vaso di Pandora.

Italia: il PNRR dedica al potenziamento della rete di rifornimento poco più di 740 milioni di €[59]

In un’utenza di tipo domestico in mediadisponibile una potenza di 3kW (+/- 10%): considerando di provvedere con la ricarica notturna, considerando che comunque in un appartamento ci sono in funzione dispositivi come frigoriferi, congelatori, caldaie, illuminazione o altro, che impegnano oltre il 30% della potenza disponibile, si finisce per dedicare ad una ricarica di una EV circa 2 kW (e siamo comunque a rischio blackout): una potenza del tutto insufficiente per far fronte alle esigenze di circolazione anche di un piccolo EV, che può ricaricare, nella migliore delle ipotesi,poco più di 10 Km di autonomia in un’ora.

Obblighiamo tutti a ricorrere all’aumento della potenza domestica, con conseguente aggravio delle bollette? Quanto questi aggravi saranno compensati dal risparmio della benzina? Il rischio è che questa Green Revolution presenti costi che ricadranno sulle famiglie in misura non facilmente prevedibile, meno ancora quantificabili e peggio ancora insostenibili.

Ragionando su una potenza media necessaria per un fabbisogno appena sufficiente, questa si aggira attorno ai 75 kW per punto ricarica. All’interno di un condominio cittadino tipo, composto da 10 appartamenti e 30 persone, almeno 15 automobili (situazione ipotizzata al ribasso, visto che la media italiana è di un’auto ogni 1,65 abitanti[60]), i risultati sono pesantissimi. Proviamo a pensare le stesse installazioni in aree di lavoro, come grandi uffici o fabbriche, che possono contenere centinaia di persone con centinaia di automobili: i problemi da risolvere dal punto di vista infrastrutturalesono escatologici.

Per i distributori pubblici dobbiamo ovviamente pensare a grandezze molto diverse: visti i tempi di ricarica, per garantire un buon servizio una stazionedovrebbe possedere punti di ricarica in un numero almeno tre volte maggiore delle attuali pompe di carburante, fino a raggiungerne verosimilmente 15/20 stazioni di rifornimento in più rispetto a quelle attuali. Deve anche garantire una buona potenza erogata per punto, che oscilli almeno tra i 100 ed i350 kW, ed il suo valore sarà direttamente proporzionale al prestigio della stazione di servizio.

In Italia circolano attualmente 37 milioni di automobili[61]: immaginiamo che vengano completamente sostituite dagli EV; ipotizziamo anche che, vista i tempi ristretti, almeno il 30% di loro andrà in rifornimento energetico nel periodo notturno, assorbendo una potenza media per singolo punto di 74kW. Gli ordini di grandezza non lasciano spazio a soluzioni facili: l’intero paese andrebbe immediatamente in blackout.

Per generare l’elettricità necessaria per sostituire la benzina con energia greensarebbe necessario coprire la maggior parte di ogni superficie disponibile del pianeta con pannelli solari[62]

Le attività di ricarica degli EVs saranno sempre più energivore: al fine di soddisfare il desiderio di tempi di permanenza brevi durante la ricarica lontano da casa o dal luogo di lavoro, una recente ricerca finanziata dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) mira a ridurre quanto prima il  tempo di ricarica tipico, aumentando i livelli di potenza fino a 400 kW ed i produttori di apparecchiature originali (OEM) stanno producendo veicoli in grado di accettare livelli di potenza più elevati, tra cui la Tesla Model 3 (che come visto accetta 250 kW) e la Porsche Taycan (che accetta 350 kW) . Le reti di ricarica rapida, tra cui Electrify America ed EVgo, hanno entrambe distribuito caricatori da 350 kW e la nuova tecnologia ChargePoint può erogare fino a 500 kW[63].Auto costosissime che minerebbero la fine della libertà di mobilità così come la conosciamo oggi.

In un articolo del 2021 dal titolo “Impatto della ricarica dei veicoli elettrici sulla domanda di energia elettrica degli edifici commerciali”, gli autori Madeline Gilleran,Eric Bonnema, Jason Woods, ParthaMishraa, Ian Doebber, Chad Hunter, Matt Mitchell, e Margaret Mann prendono in esame diversi studi volti a valutare l’impatto delle stazioni di ricarica dei veicoli elettrici sulla rete esaminando numerose dimensioni di stazioni, livelli di potenza di ricarica e fattori di utilizzo in varie zone climatiche e nelle diverse stagioni[64]. Le conclusioni rivelanoche una stazione di ricarica per veicoli elettrici può potenzialmente far impallidire la domanda di energia elettrica di un grande edificio, se gravita sullo stesso contatore, aumentando il picco mensile della domanda di energia elettrica fino ad oltre il 250%[65].

Considerando più in generale l’impatto in agglomerati di qualche milione di abitanti, non è difficile intuire che la capillare distribuzione imporrà un ricablaggio dell’intera rete elettrica sia urbana che extra urbana, il ridimensionamento dei cavi utilizzati e la presa in considerazione dell’incremento di inquinamento elettromagnetico urbano a causa delle intense correnti necessarie (oltre a decenni di lavoro).

L’inquinamento elettromagnetico

In Australia la maggioranza delle colonnine di ricarica è fuori servizio: la rete non ha elettricità per supportarle[66]

Unostudio della rivista Bioelectromagnetics, ha analizzato la comparazione dei livelli dei campi magnetici a bassa frequenza (range compreso tra 40 Hz -1 kHz) emessi nei veicoli elettrici e in quelli alimentati a benzina, con lo scopo di verificare se i parametri rilevati sono al disotto dei limiti di legge riportati nelle Linee Guida dell’ICNIRP (International Commission on Non-IonizingRadiationProtection), utilizzando come campione 14 veicoli: 6 a benzina, 5 auto elettriche e 3 auto ibride[67]. I risultati sono incoraggianti: il campo magnetico medio misurato sulle vetture elettriche è dell’ordine di 0.095 mT contro un livello medio di 0.051 mT rilevato sulle macchine a benzina. Valori molto più alti sono stati misurati sui camion (0.146 mT per quelli alimentati elettricamente, 0.081 mT per quelli a benzina), ma si tratta in ogni caso di valori che rimangono ampiamente al disotto dei livelli di riferimento per l’esposizione del pubblico indicati dalla legge[68].

Le preoccupazioni in merito alle emissioni di campi elettromagnetici degli EVs sono legate però agli effetti indiretti della loro diffusione. Come noto, l’impatto dei campi magnetici intensi sulla salute è una questione controversa[69]: non a caso l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha chiamato l’elettrosmog “l’inquinamento degli anni 2000[70].Numerosi studi,tra cui quellicondotti nel 2000 dalla facoltà di medicina dell’Università di Bristol, quello nel 2017 della Fondazione Veronesi, quello di Alessandro Miani (Presidente di SIMASocietà Italiana di Medicina Ambientale) hanno prodotto risultati controversi sulla patogenicità (ipotesi di cancerogenicità fra tutti) dei campi magnetici, ma sono largamente concordi sull’interferenza sul corpo umano e quindi sulla loro potenziale pericolosità[71].

In Italia questa incertezza ha condotto, ai fini della protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettrici e campi magnetici, al Decreto dell’8 luglio 2003 che ha fissato i limiti di esposizione di campo elettrico (5kV/m) e magnetico (100 mT) per la protezione da possibili effetti a breve termine. Sono stati anche stabiliti dei valori di attenzione (10 mT) e l’obiettivo di qualità (3 mT) del campo magnetico per la protezione da possibili effetti a lungo termine nelle aree di gioco per l’infanzia, in ambienti abitativi, in ambienti scolastici e nei luoghi adibiti a permanenza non inferiore a quattro ore giornaliere[72].

Se l’intera distribuzione andrà ridisegnata per reggere potenze notevolmente più grandi di quelle attuali, ciò comporterà emissioni elettromagnetiche enormi, dall’entità difficilmente prevedibile, soprattutto in ambito urbano. A questo punto viene da chiedersi se, in sede UE, qualcuno abbia avuto la minima contezza degli ordini di grandezzache, una scelta simile, possa aver generato – o se qualcuno si sia quantomeno posto il problema. Mentre scriviamo non sembra ci sia alcun riferimento a riguardo.

La vita di una batteria. Con l’acquisto dei primi EVs, il timore di dover affrontare prima o poi un notevole costo per la sostituzione delle batterieera concreto. Ciò non è più così vero, poiché oggi esistono batteriecon un ciclo di vita che può superare i 10 anni: è vero che la perdita di efficienza legata all’uso è progressiva, ma è comunque trascurabile[73]. Una legge federale negli Stati Uniti stabilisce chele batterie di una EV debbano durare almeno otto anni (o 160’000 km), pena l’obbligo di copertura della garanzia da parte del produttore dell’EV, ma ormai tutte le case tutelano i propri clienti usando parametri simili. Il costo di sostituzione, a seconda del modello, può aggirarsi attorno ai 100/130 dollari per kWh (prezzi in grande fluttuazione)[74]. Aggiungendo il costo di manodopera,la spesaassume una grande rilevanza: potrebbe aggirarsi attorno ai 12-20’000 dollari per una batteria inferiore a 50 kWh in veicoli come MG ZS EV, BMW i3, Nissan LEAF e MINI Cooper SE, e fino a 50’000 dollari in veicoli di prestigio a lungo raggio come la Porsche Taycan, la Tesla Model S, la Mercedes-Benz EQC e l’Audi e-tron[75].

Una Volkswagen ID3 che va in fiamme dopo essere stata disconnessa dalla ricarica[76]

Il rischio d’incendio delle batterie al litio. Questo è un punto dolente che “accende” gli animi: qual è il concreto rischio di incendio ed esplosione delle batterie? Oggi vengono usate celle agli ioni di litio basate su anodi di grafite e catodi di ossido stratificato (NMC, LMO, LFP)[77] che hanno tra i maggiori vantaggi, rispetto ad altri tipi di batteria, una grande capacità di immagazzinare energia ed estrarla rapidamente. Il punto debole, sul piano della sicurezza, è rappresentato dall’uso dell’elettrolita liquido a base di carbonati organici[78] che, se sottoposto a sollecitazioni termiche, può incendiarsi con grande rapidità – con conseguente rischio di esplosione ed emissioni di gas acido fluoridrico altamente tossico.

L’incendio delle batterie di un EV sembrerebbeun evento catastrofico(secondo alcuni ben al di sopra dell’incendio di un serbatoio di benzina o di gasolio, secondo altri esattamente il contrario, cosa che certifica il caos nell’interpretazione dei pochi dati a disposizione e forse, in alcuni casi, cattiva fede) per tre principali motivi: a) la rapidità e la violenza della combustione può impedirela tempestiva evacuazione dei passeggeri, l’esplosione ha effetti anche più nefasti. Le batterie occupano l’intero fondo dell’auto, posizione che pone in un elevato rischio i passeggeri[79]: b) il tipo dei materiali ed il loro comportamento in fase di combustione rende difficilmente gestibile (se non impossibile) lo spegnimento in tempi rapidi: occorrono solitamente diverse ore e, anche quando l’incendio è stato domato, c’è la possibilità di un re-innesco, anche a distanza di tempo, con rischio di espansione dell’incendio (il caso dei pompieri costretti a dover gettare in acqua una Tesla poiché non riescono a spegnerla ha fatto scuola[80]); c) la circolazione di elevate tensionielettriche all’interno dell’EV (anche 800V) obbliga ad una grande attenzione nello spegnimento di incendi: l’uso di liquidi, ad esempio, esponepompieri ed occupanti a deleteri shock elettrici; d) durante la combustione viene emesso abbondante gasacido fluoridrico altamente tossicoe fluoruro di fosforile[81]con grave danno per l’ambiente e per i presenti: guai se l’incendio avvenisse in luoghi affollati o in parcheggi al chiuso.

Questo non deve renderci irrazionali: stimare il reale rischio impone il confronto tra modelli basati sull’esperienza e non sulla percezione. Siamo ancora in una fase immatura per ottenere responsi validi. Ma il rischio è concreto: Tesla conferma fino ad oggi ben 97 casi di incendio che hanno causato 38 vittime: la metà degli incendi sono indicati comespontanei, mentre l’altra metà come conseguenti ad incidenti, alcuni anche lievi, ma che hanno comunque innescato la combustione[82].

Diverse case automobilistiche, a causa del rischio incendio,hanno richiamato le auto, con costi gravissimi: Bolt della General Motorstra il 2020 e il 2021 subisce danniper 1,9 miliardi di dollari grazie a due difetti di fabbricazione nelle celle fornite da LG Chem, che hanno incendiato almeno 13 veicoli[83]; Hyundai perde 900 milioni di dollari,costretta a sostituire, dopo diversi incendi, le batterie difettose su almeno 82’000 Kona Electric[84]; il richiamo di 33’000ibride plug-in Kuga costa alla Ford 400 milioni di dollari – sempre per gli incendi causati da batterie difettose[85]. Anche BMW annuncia un serio problema sulla linea delle ibrid plug-in: il richiamo interessa ben 26’700 veicoli in tutto il mondo, tutti a rischio di incendio[86].

La cronaca riporta purtroppo numerosi disastri causati dalla combustione degli EV, come parcheggi che crollano, navi cargo che trasportano flotte di EVs incendiate edaffondano[87] (la Sincerity Ace nel 2018[88] e la Felicity Ace nel 2022[89]), oltre ad innumerevoli EVsincenerite a causa di incidenti o per autocombustione. Una ricerca dell’NTSB afferma che dopo 41 collisioni mortali che coinvolgono EVs, una soltanto ha preso fuoco (2,44%); dopo 20’315 incidenti mortali che coinvolgono veicoli a benzina, 644 hanno preso fuoco (3,17%); dopo 543 incidenti mortali che hanno coinvolto veicoli ibridi a benzina, 12 hanno preso fuoco (2,21%)[90]. Da questi dati sembrerebbe che gli EVs siano più sicuri degli ICEVs, ma Graham Conway, ingegnere del SouthwestResearch Institute di San Antonio in Texas, contesta il rilevamento, poiché il calcolo è viziato dall’enorme divario numerico tra i campioni degliEVs rispetto agli ICEVs, e quindi non è statisticamente rappresentativo[91].

Cause ed effetti dell’instabilità termica nelle celle agli ioni di litio durante il normale utilizzo, abuso o incidenti[92]

Studi e rilevamenti statistici in merito sono numerosi, ma è complicato arrivare ad una sintesi oggettiva, poiché i risultati sono contrastanti a causa dello scarso numero di EVs circolante rispetto agli ICEVs, che non consente ancora un corretto confronto statistico, ed a causa (molto inquietante) degli interessi da capogiro che ruotano intorno alla mobilità, per cui è probabile che alcuni studi presentino dei risultati “addomesticati”.Il fatto tecnicamente incontrovertibile è che le attuali batterie al litio possono incendiarsi ed esplodere a causa della temperaturaeccessiva che, in condizioni anomale, può svilupparsi all’interno delle batterie.

Alla base possono esserci difetti di fabbricazione o di progettazione, un uso anomalo o improprio, un caricatore improprio o difettoso, componenti di bassa qualità, un cortocircuito, sollecitazioni esterne come urti o pressioni. In previsione di questo rischio concreto, sono stati inseriti dei dispositivi sempre più sofisticati ed efficienti che tentano di limitare il rischio di innesco o i danni che ne derivano – come sensori che controllano le temperature, oppure sistemi di separazione delle celle che, in caso di criticità, le disattivano. L’intero set di batterie viene incapsulato in una protezione da agenti esterni[93], proteggere le batterie dalle sollecitazioni meccaniche che, come abbiamo visto, rappresentano un alto motivo di rischio, e contenere per quanto possibile eventuale lo sviluppo di fiamme e la deflagrazione[94].

Il pericolo è quindi reale, ma è legittimo pensare che siamo in una fase di transizione e che le cose miglioreranno: i produttorisi danno da fare nel cercare soluzioni più sicure. C’è infatti grande fermento nell’ingegnerizzazione delle batterie: sono allo studio batterieche, oltre a possedere maggiore capacità di immagazzinamento e poter essere ricaricate più velocemente, hanno anche un rischio notevolmente ridotto di incendio ed esplosione, utilizzando un elettrolita in polimeri o addirittura ceramico, non più liquido[95]. Potremmo quindi con buona certezza ipotizzare un imminente futuro nel quale non dovremmo più preoccuparci di tutto ciò.

L’impatto ambientale

In molti paesi del mondo, nelle miniere si lavorasenza alcun rispettoper i diritti umani e per l’ambiente[96]

Il dibattito sul reale ruolo green degli EVs è apertissimo: è indiscutibile la loro scarsa emissione di CO2, come di altri elementiinquinanti, durante la loro fase di esercizio. Ma un’analisi seria deve tener conto del totale ciclo di un EV, dal reperimento delle materie prime necessarie alla sua produzione fino allo smaltimento a fine vita; va considerato l’impatto che scaturisce dall’utilizzo di milioni di tonnellate di rame, acciaio e terre rare per milioni di colonnine, e se guardiamo all’inquinamento elettromagnetico, non parliamo più di un prodotto dal ciclo virtuoso. Qui si entra in un campo molto complesso poiché gli elementi da considerare sono davvero molti.

Le materie prime. Sebbene gli EV necessitino meno materiali degli ICEVs(come acciaio, alluminio e rame), la richiesta di mineraliè invece sei volte superiore[97]: litio, cobalto, grafite,terbio, disprosio, neodimio, per i quali il reperimento è complesso ed inquinante.Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti Argonne National Laboratory, una singola batteria agli ioni di litio per auto (del tipo noto come NMC532) contiene circa 8 kg di litio, 35 kg di nichel, 20 kg di manganese e 14 kg di cobalto[98]e, vista la diffusione in rapidissima ascesa, la reperibilità di enormi quantitativi di questi elementi è un aspetto cruciale per l’industria produttiva.

La disponibilità in natura del litio sembra non desti preoccupazioni: l’US Geological Survey stima che le attuali riserve – 21 milioni di tonnellate – sono sufficienti per portare la conversione agli EVs fino alla metà del secolo[99]. La situazionedel cobalto è diversa: due terzi della fornitura globale proviene dalla Repubblica Democratica del Congo (con la Cina che controlla l’estrazione mineraria in RDC per almeno il 70%[100] e che sta attuando una forte espansione in territori come il Camerun, l’Angola, la Tanzania, lo Zambia e la Groenlandia[101]), in miniera che violano i diritti umani[102] e del rispetto ambientale[103]: prime fra tutte le multinazionali Glencore Plc, China Molybdenum, Fleurette, Vale e Gécamines[104].

Nel 1987 il presidente cinese Deng Xiaoping afferma: “Il Medio Oriente ha il petrolio. La Cina ha terre rare”. A distanza di quasi 40 anni la Cina è ancora l’assoluto protagonista:168’000 tonnellate nel 2021, cui seguono gli Stati Uniti con 43’000 tonnellate e il Myanmar con 26’000[105]. Se parliamo di riserve, in vetta permane la Cina con 44 milioni di tonnellate, segue il Vietnam con 22 milioni di tonnellate, poi il Brasile al pari con la Russia con 21 milioni di tonnellate – per un totale di 120 milioni di tonnellate[106].

Nell’estrazione del litio ciò che preoccupa maggiormente è la questione ambientale:gli attuali metodi estrattivi richiedono enormi quantità di energia (per il litio estratto dalla roccia) e acqua (per l’estrazione dalle salamoie), anche se le tecniche più moderne utilizzano l’energia geotermica, considerata meno peggio.Il nichel non basta, ma grazie alla tecnologia se ne utilizzerà sempre meno in futuro[107].

Mappa relativa alla produzione delle terre rare e distribuzione delle riserve[108]

Le violazioni dei diritti e dell’ambiente legate all’estrazione mineraria delle terre rare sono molto diffuse anche in altri paesi, come in Cina, dove l’ecosistema di vasti territori è stato ormai irrimediabilmente distrutto[109]. Le terre rare, contrariamente a quanto suggerisce il nome, sono molto abbondanti in natura: il loro nome deriva dal fatto che se ne trovano in basse concentrazioni– e, quando si trovano, sono difficili da separare dagli altri elementi,per cui si usano sistemi altamente inquinanti.

L’estrazione minerariaconsuma enormi quantità di acqua dolce ed inquina il suolo, le falde acquifere e l’aria. Vaste miniere a cielo aperto causano la deforestazione e minacciano la biodiversità[110]. L’estrazione, la lavorazione e il trasporto di minerali consumano enormi quantità di energia, generando emissioni di gas serra. Le stesse terre rare diventano inquinanti quando rilasciati nell’ambiente sotto forma di emissioni o rifiuti.È molto difficile intervenire con verifiche ambientali in paesi spesso ostili. Esiste poi, in molte realtà, un’attività estrattiva illegale che sfugge ad ogni regola, ed è la più dannosa[111].

Insomma, se vi hanno raccontato che gli EV sonoveicolimagici… beh, non è proprio così.Ma la loro introduzione obbligatoria causerà un sostanziale calo o, in futuro, il completo annullamento dell’uso di carburanti fossili: il risparmio di emissioni inquinanti compensa forsei guasti che trascina con sé. L’impressione, però, è che la transizione richiederàpiù del tempo programmato. A meno di non usare il petrolio, invece che nei serbatoi delle auto, in quelli delle centrali che devono produrre l’elettricità necessaria per far camminare l’EV.

Le questioni geopolitiche

Produzione mineraria di terre rare tra il 1985 ed il 2020[112]

Il possesso delle terre rare in alte concentrazioni nelle mani di pochi pone ovviamente un pesante interrogativo sulla loro redistribuzione. Se poi questi pochi sono rappresentati da Paesi con i quali, storicamente, si hanno rapporti “complicati”, la questione si fa seria. Ben presto la domanda di terre rare subirà un boomche andrà di pari passo con il forte aumento di produzione degli EVe con il rilancio della produzione di energia rinnovabile[113]: in una turbina eolica da 3MW vengono utilizzate2 tonnellate di neodimio[114], 335 tonnellate di acciaio, 4,7 tonnellate di rame, 1200 tonnellate di cemento e 3 tonnellate di alluminio[115].Adamas Intelligence[116] prevede che il mercato degli ossidi di terre rare magnetiche aumenterà di cinque volte, da 2,98 miliardi di dollari nel 2021 a 15,65 miliardi di dollari nel 2030[117].

Secondo l’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili,per raggiungere lo zero netto di emissioni entro la metà del secolo, la capacità installata cumulativa globale dell’energia eolica deve triplicare entro il 2030 (fino a 1.787 GW) e aumentare del 900% entro il 2050 (fino a 5.044 GW) rispetto alla capacità installata nel 2018 (542 GW). La Cina è il Paese che è in grado maggiormente di soddisfare la domanda, visto che detiene la maggior fetta di riserve, oltre ad esserne il più grande produttore[118]. Questo implica che Stati Uniti ed Unione Europea avranno unruolo di dipendenza (in Europa viene estratto soltanto il 3% delle materie prime necessarie per le batterie al litio[119]), come per decenni è avvenuto per il petrolio.Ciò riguarda l’intera catena di approvvigionamento, dall’estrazione alla vendita ai consumatori.

Le terre rare sono strategiche in campo militare, poiché fondamentali peri moderni sistemi di difesa: il boom di domanda in campo civile che potrebbe generareuna rarefazione dell’offerta,metterebbe a rischio gli approvvigionamenti soprattutto in questo settore – un rischio che nessun paese occidentale è disposto a correre.Tentare altre stradenon è semplice: Washington possiede un’unica miniera di terre rare, vicino alla Mojave National Preserve a Mountain Pass, in California, ma ha una storia di complesse controversie. Divenuta inattiva nel 2002, dopo 50 anni di problemi economici e ambientali, la miniera è stata rilevata nel 2008 da MolycorpMinerals Llc, fallita nel 2014[120].

Riaprirla, in base alle leggi americane sulla protezione ambientale, è impossibile. Sicché si cede l’attività di trasformazione ad aziende cinesi, che raccolgono il materiale grezzo in America, lo trasformano in Cina e poi lo rivendono (a carissimo prezzo) negli Stati Uniti[121].Ciò nonostante, grazie all’aumento dei prezzi delle terre rare, ora ci si guadagna anche così[122]. Poca cosa rispetto ai bisognicui l’occidente dovrà far fronte: il mondo,nel quale gli Stati Uniti figuravano come principale esportatore di combustibili fossili, con circa il 20% della fornitura globale,si sta trasformando in uno in cui la Cina controlla da sola più del 75% di tutti i materiali necessari alla transizione ecologica.

C’è però un argomento chepuòridurre le preoccupazioni: il riciclo dei materiali, soprattutto nel caso delle batterie, per le quali l’impegno di terre rare rappresenta una quota importante. SiTration, una società del Massachusetts Institute of Technology (MIT), promette, con le tecnologie più moderne, di recuperare oltre il 95% di materiali critici di cui è composta una batteria, e promette di farlo utilizzando 10 volte meno energia impiegata sino ad oggi[123]. Il ciclo vitale relativamente breve di una batteria al litio, attualmente stimato nell’ordine di 10 anni, è una caratteristica negativa, mentre diventa una opportunità seviene riusata: così si riotterrebberoin modo diretto gran parte dei materiali necessari alla produzione, abbattendo i costi,energetici, ambientali e geopolitici della filiera di approvvigionamento. Ma se questo è vero per le batterie, è meno vero per tutti gli altri prodotti che hanno un ciclo vitale considerevolmente più lungo, come per esempio le pale eoliche. L’unica vera speranza è che il progresso tecnologicoriesca a sostituire l’attuale produzione con materiali alternativi meno problematici.

Il futuro èl’idrogeno?

Centrale Iberdroladi pompaggio e stoccaggio di idrogeno verde aPuertollano, Ciudad Real (Spagna)[124]

La sostituzione dell’intera flotta degliICEVs, ibride comprese, avverrà con gli EVs alimentate dalle batterie al litio: è questa l’unica strada percorribileverso la transizione ecologica? La tecnologia, si sa, corre veloce, e spesso supera l’immaginario. In cantiere le idee sono tante, alcune in fase molto avanzata di realizzazione. L’attuale competitor ruota attorno all’idrogeno: è l’elemento più abbondante e il più leggero dell’universo e contiene più energia per unità di massa rispetto al gas naturale o alla benzina, il che lo rende molto attraente per i trasporti. La sua ossidazione produce molta energiae, cosa molto interessante, l’unico residuodi questo processo è l’acqua ed altri elementi dall’apporto inquinante assolutamente trascurabile.

Un motore a idrogeno è semplice da realizzare, somiglia ad un classico motore termico, ma possiede degli handicap: lo scarso rendimentoe le emissioni nocive di ossidi di azoto che possono reagire nella bassa atmosfera formando ozono, un gas serra. La tecnologia si è spinta oltre, riuscendo adutilizzare l’idrogeno in un EV:questo gas,attraverso la sua ossidazione, è in grado di generare energia elettrica.Per fare ciò si utilizza un dispositivo chiamato“cella a combustibile” che tra l’altro sfrutta una idea per nulla nuova: il suo principio è stato scoperto nel 1839 dal fisico inglese William Grove[125]: queste celle vanno a sostituire le attuali batterie al litio ed il gioco è fatto.

Fabbricare celle a combustibile non è però molto economico: il punto debole è il “catalizzatore” necessario per innescare i processi chimici; per realizzarlo si usano almeno sei diversi elementi che appartengono al gruppo del platino – assai costoso e raro; ma anche qui la ricerca sta arrivando ad importanti traguardi: uno studio pubblicato nel luglio 2022 su Nature Energy[126] afferma che alcuni ricercatori sono riusciti a realizzare catalizzatori efficienti e durevoli utilizzando metalli meno nobili, come il ferro combinato con azoto e carbonio. Il prodotto sembra eguagliare le qualità del catalizzatore in platino, ma non ha più i suoi svantaggi[127].

Disponibilità infinita, semplicità costruttiva, buon rendimento (che va dal 40 al 60%), nessuna emissione inquinante: abbiamo l’uovo di Colombo? Non ancora: innanzitutto, l’idrogeno non esiste libero in natura, se non in quantità minimali. Si presenta legato ad altri elementi come l’acqua o il metano, e la sua estrazione impiega enormi quantità di energia. L’idrogeno attualmente utilizzato come materia prima nell’industria è prodotto quasi interamente da combustibili fossili con conseguente emissione di CO2: è chiamato “Idrogeno grigio”quando le emissioni vengono rilasciate nell’atmosfera e “idrogeno blu” quando le emissioni di carbonio vengono catturate e stoccate. L’idrogeno “verde” è l’unico accettabile all’interno del processo di decarbonizzazione: viene estratto dall’acqua per elettrolisi, ma per definirsi verde, l’energia per astrarlo deve essere fornita totalmente da fonti rinnovabili.

Ma la ricerca offre grandi orizzonti: un nuovo studio dell’Università della California Santa Cruz mostra che si può estrarre idrogeno in modo semplice ed economico: utilizzando un composto di gallio e alluminio per creare nanoparticelle di alluminio, che reagiscono rapidamente con l’acqua a temperatura ambiente, producendo grandi quantità di idrogeno ed impegnando una quantità piccolissima di energia. Questa metodologia è attualmente in attesa di brevetto, e potrebbe rappresentare una vera svolta nell’utilizzo dell’idrogeno[128].

Superato il problema dell’estrazione, c’è quello dello stoccaggio e del trasporto: l’idrogeno ha bassissima densità, stoccarlo significa sottoporlo a fortissime pressioni (fino a 700 bar) oppure liquefarlo, mantenendolo al di sotto dei -253°C: anche queste attività sono fortemente energivore, il costo energetico della liquefazione corrisponde a circa il 30% del contenuto energetico del combustibile[129]. L’accumulo chimico è un’altra tecnologia che sfrutta la capacità dell’idrogeno di legarsi a composti chimici o a metalli, ed è estremamente efficace per ridurne il volume fino a 3-4 volte rispetto agli altri processi, ma a parità di peso il veicolo presenta un’autonomia tre volte inferiore a quella ottenibile con idrogeno liquido o compresso con serbatoi di tipo avanzato[130]. Il sistema però è molto promettente e, come al solito, speriamo nel progresso tecnologico.

A causa della sua bassissima densità, stoccare e trasportare l’idrogeno crea molti ostacoli[131]

Anche la distribuzione è un processo particolarmente oneroso: le autocisterne utilizzano speciali bombole, molto pesanti, il cui riempimento richiede molta energia,e la distribuzione attraverso una rete di gasdotti richiede speciali tubature con particolari tipi di acciai e di diametro superiore, viste le alte pressioni in gioco[132].A conti fatti, l’idrogeno è estremamente interessante per le sue peculiarità ecocompatibili, ma il processo che va dall’estrazione al suo uso è ancora insoddisfacente. C’è grande fermento nell’universo della ricerca, e si spera in una grande estensione della sua applicazione in tempi brevi.

Ma ci sono voci critiche: uno studio apparso sulla rivista AtmosphericChemistry and Physics nel 19 luglio di quest’anno rivela che l’idrogeno, se rilasciato nell’atmosfera, ha un potere “riscaldante” ben più elevato di quanto si pensasse in precedenza, da due a sei volte maggiore[133]. Trattare l’idrogeno con estrema cautela facendo massima attenzione alle perdite sarà quindi d’obbligo: con un tasso di perdita del 10%, valore che molti scienziati ritengono plausibile, l’idrogeno blu (con cattura del carbonio e perdita di metano del 3%) potrebbe aumentare del 25% l’impatto del riscaldamento in 20 anni. L’idrogeno “verde” prodotto ridurrebbe comunque gli effetti del riscaldamento di due terzi rispetto ai combustibili fossili, ma molto meno della promessa climaticamente neutra rivendicata dai sostenitori dell’idrogeno[134].

L’industria automobilisticaè scesa in campo già da venti anni nel produrre veicoli alimentati ad idrogeno – dapprima con prototipi, poi conveicoli in commercio: la BMW Hydrogen 7 del 2007 è la prima auto alimentata ad idrogeno (con motore a combustione) messa in circolazione in piccola serie, circa un centinaio di esemplari. Ora il mercato conta diversi esemplari,distribuiti dai maggiori brand: hanno come vantaggio una autonomia appetibile, visto che con un pieno si viaggia anche per 1000 Km, ma hanno un costo significativamente alto, al punto che alcune case le propongono a noleggio.Un altro forte svantaggio sono i punti di rifornimento molto rari: ad oggi in Germania se ne contano in tutto un centinaio[135], in Francia 29[136], in Spagna 9[137], in Italia soltanto 6[138]: anche se si prevede una generale espansione a breve,siamo ancora veramente lontani da una fruibilità sostenibile.

Nella mobilità pesante invece siamo già ai progetti pienamente realizzati: due treni pilota ad idrogeno, prodotti dalla Alston, hanno già percorso in Germania oltre 180’000 Km tra il 2018 ed il 2020[139], mentre il primo treno ufficiale ad idrogeno con batterie a celle a combustibile ha preso regolare servizioil 25 luglio di quest’anno sulla linea ferroviaria regionale tedesca tra Cuxhaven e Buxtehude[140]. Nella navigazione si hanno realizzazioni già dal 2020, come la piccola imbarcazione Hydra, la prima al mondo con un motore a celle a combustibile. Da allora il sistema è stato implementato su diversi tipi di navi e sommergibili, e promette moltissimo.

La questione sociale

Nella UE le auto circolanti hanno in media 11,8, i furgoni 11,9, gli autocarri 14,1 anni e gli autobus 12,8 anni d’età[141]

Il parco auto circolante nell’Unione Europea ha un’età media 11,8 anni. La Lituania e la Romania hanno le flotte automobilistiche più antiche, con veicoli di quasi 17 anni; le autovetture più recenti si trovano in Lussemburgo (6,7 anni); l’età media dei veicoli commerciali leggeri è di 11,9 anni, l’Italia ha la flotta di furgoni più antica (13,8 anni), seguita dalla Spagna (13,3 anni);i camion hanno in media 13,9 anni, la Grecia ha la flotta di autocarri più antica con un’età media di 21,4 anni, mentre i più nuovi si trovano in Lussemburgo (6,7 anni) e Austria (7 anni); gli autobus hanno in media 12,8 anni e la Grecia ha i più antichi con più di 19 anni; solo sei paesi nell’Unione Europea hanno una flotta di autobus che ha meno di 10 anni[142].

Osservando la qualità e l’anzianità delle flotte circolanti, si comprende la resistenza nel rinnovarle,dovuta soprattutto nel potere di acquisto: non a caso l’età della flotta èquasi sempre inversamente proporzionale al PIL dell’areadi riferimento.Il prezzomedio in Europa di un’auto nuova con motore termico è pari a 32’318 €, mentre quello di un EV è di 42’568 €[143], con un differenziale del 31,7%, che però varia da regione a regione (in Italia è del 42%)[144]. Il differenziale peggiora se abbassiamo il target: il prezzo più basso di unICEV di piccola cilindrata, sempre in Italia,si attesta attorno ai 10’000 € (Dacia Sandero), mentre l’EV più economico come la Dacia Spring è venduto a 20’100 €[145].

Per le fasce con meno potere di spesa, l’acquisto di un EV comporta un esborso doppio rispetto a quello di un ICEV. Ci si aspetta cheil prezzo cali progressivamente, complice soprattutto il costo sempre più contenuto delle batterie – Volkswagen prevede la parità entro il 2025[146] mentreBloombergNEF sostiene che entro quella data saranno addirittura più economici[147]: resta il fatto che,oggi, per una grossa fetta di pubblico, comprare una EV è una chimera.

Con una flotta circolante così anziana, il mercato dell’usato prospera: nel 2021 in Europa sono state vendute 32,7 milioni di auto usate[148] a fronte di 9’700’192 auto nuove[149].In alcune aree,la maggior parte dei possessori di autoveicoli impegnano ben poco denaro per la propria mobilità, alcuni per strategia (seconda auto), la gran parteper scarse possibilità economiche.Col blocco della produzionedegliICEVs le fasce con meno potere di spesa saranno in grande difficoltà: il parco dell’usato, salvagente per questa categoria, sarà praticamente inesistente, e l’unica alternativa sarà tra l’acquisto di un veicolo nuovo e andare a piedi. La libertà di movimento, così importante, socialmente, nell’ultimo mezzo secolo, rischia di subire un grave contraccolpo.

C’è da chiedersi quali dinamiche assumerà l’indotto del motore termico durante gli anni di transizione, ovvero da ora sino al 2035: meccanici e costruttori di pezzi di ricambio devono adeguarsi subito, abbandonando il mondo degli ICEVs. Persino il rifornimento di GPL, benzina o diesel potrebbe, in una certa fase, rappresentare un problema, anche se il prezzo alla pompa sarà probabilmente stracciato. Ma il rischio è che si arriverà alla data fatidica nella quale una flotta di ICEVs ancora corposa sopravvive per disperata necessità.Il taglio netto del 2035 potrebbe rappresentare una ghigliottina per una grande fetta sociale, soprattutto in quei Paesi con reddito pro-capite più svantaggiato. Questo costringerà i governi a ripensare la mobilità per chiunque ne abbia necessità:i sussidi sin qui offerti saranno irrilevanti.

Quale impatto per l’industria automobilistica

Auto elettriche Volkswagen ID.3 in catena di montaggio[150]

L’Unione Europea, con il 21% della produzione mondiale di autovetture, ospita le più grandi aziende automobilistiche e i maggiori produttori del mondo: 2,6 milioni di persone lavorano nella produzione di autoveicoli, pari all’8,5% dell’occupazione totale nel settore manifatturiero e, considerando l’intero indotto, si arriva a 13,8 milioni di persone[151].GliEVs sono meccanicamente più semplicie si stima cheper la loro produzione sia necessario il 30% in meno di ore di lavoro, ovvero il 30% in meno di forza lavoro[152]. La quasi totalità della produzione della componentistica relativa agli ICEVs, in gran parte esternalizzata, cesserà la propria produzione e, a causa della grande diversità tipologica, i produttori avranno scarse possibilità di riconvertirsi: per chi produce pistoni èimprobabilerealizzare sensori o inverter.

Se la transizione avviene senza alcuna misura preventiva che ne ammortizzi le dinamiche, circa il 30% dell’occupazione, pari ad oltre 4 milioni di posti di lavoro, è messa a rischio. La perdita di posti di lavoro più importante potrebbe essere però riservato all’indotto: le aziende automobilistiche esternalizzano quasi il 75% della produzione di componentistica. Inoltreil processo di produzione degli EVs richiede competenze e professionalitànettamente diverse da parte della forza lavoro. Pertanto il rischio di turnover forzato è concreto se non sarà possibile una adeguata formazione interna, da cui consegue il dramma di altre perdite di posti di lavoro.

L’approccio al Green Deal avviene in una fase molto delicata per il settore: molte case automobilistiche sono già in crisi. Solo nel 2020 la vendita di autovetture nella UE è diminuita del 24%, mentre a marzo 2022 sono stati venduti 844’147 veicoli, ovvero il 20,5% in meno rispetto a marzo 2021 e il 51% in meno rispetto a marzo 2019[153]; inevitabili gli annunci di licenziamenti, tra cui Volvo (che ha tagliato più di 4000 posti a livello globale[154]), Renault (circa 14’600[155]) e Nissan, che ha deciso di chiudere la fabbrica di Barcellona[156], fatto che colpisce 3000 posti di lavoro diretti e 20’000 indiretti (ne aveva persi altrettanti durante la crisi del 2009)[157].

Si può storcere il naso di fronte questi argomenti contrapposti a quello della salvaguardia dell’ecosistema, ma i fatti restano fatti. Governi e sindacati dovranno occuparsene. Come disse Winston Churchill, “Non lasciare mai che una buona crisi vada sprecata”:le crisi pongono sfide difficili, ma nascondono anche nuove opportunità. Non è solo l’industria automobilistica a perdere, ovunque, peso occupazionale. Petrolio, gas e carbone diverranno presto inutili? In base agli obiettivi prefissati, si stima che si dovranno tagliare entro un decennio almeno il 60% dei combustibili fossili, una quota imponente. Quanti milioni di posti di lavoro andranno perduti? E come verranno smaltiti e bonificati gli impianti, i porti, le navi, gli oleodotti, i pozzi? Chi pagherà?

Cosa accadrà nell’universo dei combustibili fossili?

Ben presto il mercato dei combustibili fossili subirà un profondo cambiamento tale da ridisegnare gli attuali assetti geopolitici

Secondo l’Unione Europea l’uso del carbone, l’elemento più inquinante del mix energetico, deve essere sostanzialmente ridotto entro il 2030, mentre il petrolio e il gas naturale possono essere gradualmente eliminati in un secondo momento; la maggior parte del cambiamento per petrolio e gas avverrà tra il 2030 e il 2050. Entro questo lasso di tempo, il petrolio dovrebbe essere quasi completamente eliminato, mentre il gas naturale contribuirebbe solo a un decimo dell’energia dell’UE nel 2050[158]. Si tratta di una vera e propria rivoluzione.

Il cammino della decarbonizzazione è stato avviato da tempo, cercando di agire sulla soppressione della domandacon i certificati di emissione di carbonio scambiabili a livello internazionale o tasse sulle emissioni di CO2, due soluzioni che hanno spinto i governi versol’ottimizzazione di processi e verso le riconversioni ecologiche, spesso ricorrendo ad incentivazioni pubbliche. Ma tutto ciò non è servito. La domanda di carbone è in costante aumento, soprattutto nei paesi in via di sviluppo che stanno crescendo industrialmente a ritmi velocissimi.

Attualmente la domanda di energia è tornata ai livelli pre-pandemia. Secondo una analisi di BP,nel 2021 se ne è usata di più,considerando l’impennata della domanda – la più imponente della storia umana; di pari passo sono tornate ai livelli precedenti anche le emissioni[159], come spiega BP: “Sono stati compiuti notevoli progressi negli impegni sovrani per raggiungere lo zero netto, ma queste crescenti ambizioni devono ancora tradursi in progressi tangibili sul campo. Il mondo rimane su un percorso insostenibile”[160].

Consumo globale di combustibili fossili per tipo[161]

Eppure, l’energia prodotta nel 2021 si è affidata almeno per il 13% alle fonti rinnovabili, con un aumento del 17% rispetto all’anno precedente: il problema è che l’uso dei combustibili fossili rimane altissimo[162].Nel trasporto merci, settore responsabile del 14% di emissione di gas serra[163], le dinamiche non sono così diverse: con la crisi di Covid-19 la domanda mondiale di petrolio è diminuita all’inizio del 2020 del 57%per poi subire un rimbalzo nel 2021,tale da far tornare i consumi appena del 3% al di sotto dei livelli pre-Covid-19[164], ma questo solo perché il settore aeronautico ha una ripresa più lenta[165].

Secondo l’AIE assisteremo ad una costante crescita della domanda dei combustibili fossili per uso globale almeno sino al 2025, anno in cui inizierà un’inversione di tendenza: in base allo scenario ipotizzato, la domanda di petrolio raggiungerà il picco subito dopo il 2025 (97 milioni di barili al giorno) e poi scenderà di circa 1 milione di barili al giorno all’anno fino al 2050, ma questo soltanto se gli attuali impegni climatici saranno pienamente rispettati; altrimenti, nelle previsioni più pessimistiche, il giro di boa potrebbe avvenire nel 2050[166].Anche nello scenario più ottimistico, nel 2050, nel mondo, si consumeranno ancora 77 milioni di barili al giorno – meno degli attuali 100 milioni di barili al giorno ma sempre troppi[167]. Una situazione non facile per chi si prefigge il raggiungimento dell’ambìto “zero netto” di emissioni climalteranti entro il 2050.

Per farcela dovremmo scendere a 25 milioni di barili al giorno entro il 2050[168]. Un risultato che appare impossibile. Secondo IEA, gli attuali impegni sul clima porterebbero solo a un quinto della riduzione delle emissioni entro il 2030, ed il raggiungimento di tale obiettivo richiederebbe investimenti in progetti di energia pulita e infrastrutture per più del triplo degli stanziamenti finanziari del prossimo decennio, mentre la spesa per l’energia pulita èmolto al di sotto di quanto sarebbe necessario[169].

Evoluzione del mix energetico nell’UE (-55% di emissioni nel 2030 rispetto al 1990 e neutralità climatica nel 2050)[170]

Queste deludenti prospettive vengono confermate dall’OCSE: il sostegno dei governi ai combustibili fossili, in 51 paesi del mondo, è quasi raddoppiato a 697,2 miliardi di dollari nel 2021, da 362,4 miliardi di dollari nel 2020, e questo a causa dell’aumentodei prezzi dell’energia su scala globale, ed il trend continuerà per almeno tutto il 2022[171]. Tempi duri per la decarbonizzazione, che è perlomeno rinviata a dopo la soluzione del conflitto tra Russia e Ucraina.

Ogni tre barili di petrolio consumati nel mondo, due sono assorbiti dal settore dei trasporti[172]. È innegabile che ilGreen Deal europeo avrà profonde ripercussioni, influenzerà la geopolitica attraverso il suo impatto sul bilancio energetico dell’UE e sui mercati globali, sui paesi produttori di petrolio e gas, sulla sicurezza energetica europea e sui modelli commerciali globali, soprattutto in merito al meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere[173]. Gli scenari probabili sono tutti a svantaggio dei paesi esportatori: l’uscita dell’Europa dalla dipendenza dai combustibili fossili con il suo mercato che rappresenta il 20% di quello mondiale, influenzerà negativamente un certo numero di partner regionali che potrebbero andare incontro a destabilizzazioni economiche e politiche. Un calo così importante della domanda finirà anche per influenzare il resto del mercato deprimendo i prezzi. I produttori ed esportatori dicombustibili fossili accetteranno passivamente questa trasformazione?

Nel caso del petrolio, ad oggi i principali produttori sono gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e la Russia, che soltanto nel 2020 hanno prodotto circa 40 milioni di barili di petrolio al giorno, ovvero il 43% della produzione mondiale[174]. Dal punto di vista globale, secondo una recente analisi del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Anversa, il mercato dei combustibili fossili è in grado di generare profitti perquasi 3 miliardi di dollari al giorno; le compagnie petrolifere hanno guadagnato dal 1970 ad oggi 52 trilioni (miliardi di miliardi) di dollari con un profitto medio annuo di oltre 1 trilione di dollari[175].Siosserva che un mercato con questa immensa disponibilità di ricchezza è in grado facilmente di autoproteggersi:nazioni come la Russia, come quelle del cartello OPEC, sono in grado dipilotare a proprio vantaggio i mercatie frenare,di conseguenza, lo sviluppo delle rinnovabili[176].

Negli Stati Uniti c’è una guerra per contrastare il processo di decarbonizzazione: a novembre dello scorso annoi tesorieri statali repubblicani si sono riuniti in una conferenza organizzata dalla State Financial Officers Foundation (una piccola organizzazione no-profit con sede in Kansas e con stretti legami con i lobbisti dei fossili[177]) a Orlando, in Florida, per realizzareun vero e proprio scudo di protezione per le compagnie di combustibili fossili[178]. Riley Moore, il tesoriere del West Virginia, ha escluso diverse grandi banche, tra cui Goldman Sachs, JPMorgan e Wells Fargo dai contratti governativi con il suo Stato perché stanno riducendo i loro investimenti nel carbone[179]. Sempre Moore e i tesorieri della Louisiana e dell’Arkansas hanno ritirato più di 700 milioni di dollari da BlackRock, il più grande gestore di investimenti del mondo, obiettando che l’azienda è troppo attiva sulle questioni ambientali[180]; allo stesso tempo i tesorieri di Utah e Idaho stanno facendo pressioni sul settore privato affinché abbandoni l’azione per il clima[181].

Si sta poi profilando una enorme granalegale: gli investimenti esteri sono regolati da migliaia di accordi internazionali di investimento, che includono disposizioni sulla risoluzione delle controversie investitore-Stato[182]. L’Unione Europea è firmataria dell’ECT, il Trattato sulla Carta dell’Energia, un accordo che consente agli investitori stranieri di chiedere un risarcimento finanziario ai governi se le modifiche alla politica energetica influiscono negativamente sui loro investimenti: un formidabile freno per il Green Deal, che ne mette i fondamenti in discussione[183].

Negli ultimi tempi si è assistito ad un fiorire di controversie tra investitori e Stati sulla base di trattati di investimento bilaterali o multilaterali: fanno scuola i casi di arbitrato sugli investimenti contro i Paesi Bassi a causa della decisione del governo olandese di eliminare gradualmente le centrali a carbone (RWE vs. Paesi Bassi , caso ICSID n. ARB/21/4 ; Unipervs. Paesi Bassi , caso ICSID n. ARB/21/22) e una causa intentata contro il diniego da parte dell’Italia di una concessione di perforazione costiera (Rockhoppervs. Italia, casoICSID n. ARB/17/14)[184]. Il Governo tedesco ha chiuso nel marzo del 2021 un contenzioso con alcune società (Vattenfall, RWE, E.ON e EnBW) per averle costrette a chiudere anticipatamente le loro centrali nucleari in risposta al disastro di Fukushima: il risarcimento complessivo, dopo anni di dibattimento, è stato di 3,1 miliardi di dollari[185].

Allo stesso modo, varie parti interessate hanno presentato pretese del valore di 15 miliardi di dollari contro gli Stati Uniti per la revoca del progetto del gasdotto Keystone XL[186]. Uno studio pubblicato da Science il 5 maggio 2022, stima che le azioni dei governi per limitare i combustibili fossili potrebbero innescare richieste fino a 340 miliardi di dollari, solo da parte di investitori nel solo settore petrolifero e del gas: un importo sbalorditivo che, se suddiviso per paese, per alcuni potrebbe superare persino il PIL nazionale[187], specienel sud del mondo[188].

Questa cifra, secondo l’autrice, KylaTienhaara[189], è una stima prudente, visto che non include i progetti relativi all’industria del carbone[190].Tali controversie possono così diventare un potente strumento in mano all’industria del fossile per rallentare se non bloccare totalmente, soprattutto in alcuni paesi economicamente svantaggiati, il processo di decarbonizzazione[191]. In ogni caso, la transizione, sul piano geopolitico, non sarà tranquilla, specie visti i rapporti tesi con Russia e Cina.La politica estera dell’Unione Europea sarà fondamentale per scongiurare crisi che possono compromettere gli obiettivi del Green Deal. L’UE ei suoi vicini esportatori di petrolio e gas hanno il tempo di pianificare adeguatamente questa transizione. Fino al 2030 si continuerà a importare petrolio e gas – il calo vero inizierà solo dopo.

Una diversa mobilità

L’asse portante della Trans European Network Transport, nato nel 1993 e rilanciato dalle politiche del Green deal[192]

Il 14 dicembre 2021 la Comunità Europea pubblica una proposta sui trasporti[193]allo scopo di armonizzare i bisogni del mercato con quelli del green deal europeo: a ) si offre di aumentare la connettività e spostare un maggior numero di passeggeri e merci su rotaia e vie navigabili interne (rilancio dell’asse TEN-T), visto che oggi è questa lavia più sicura e con minori emissioni inquinanti; b) promette di incentivare il traffico ferroviario a lunga percorrenza e transfrontaliero: solo il 7% dei chilometri percorsi in treno tra il 2001 e il 2018 ha riguardato viaggi transfrontalieri;ci saranno ticket più facili, meno costosi, incentivi fiscali; c) guarda alle esigenze dei conducenti con il miglioramento delle infrastrutture (tra queste il drastico aumento delle colonnine di rifornimento per gli EVs) e l’incentivazione del digitale,rendendo disponibili in tempo reale sempre più informazioni cruciali relative ai dati sul traffico.

Ma è la parte relativa alla mobilità urbana quella più interessante[194]: i punti toccati mirano  a risolvere la crescente congestione delle aree cittadine – nelle città viene generato il 23% di tutte le emissioni di gas serra legato ai trasporti – attraverso un pianocomplesso che punta a rendere il trasporto urbano resiliente, rispettoso dell’ambiente ed efficiente dal punto di vista energetico – identificando soluzioni a emissioni zero per la logistica urbana, promuovendo lo spostamento attivo (a piedi o bicicletta), incentivandoil Km 0, i trasporti urbani a zero emissioni e il car sharing.Basti pensare all’esperimento tedesco dove quest’anno, per tre mesi, si è adottata una tariffa unica di 9,00 € applicata a tutto il trasporto pubblico nazionale: 52 milioni di biglietti venduti a partire da fine maggio, 42 milioni in più rispetto allo stesso periodo precedente, e ciò si è tradotto in 1,8 milioni di tonnellate di CO2 risparmiati in tre mesi[195].

Tali proposte, si legge, “metteranno il settore dei trasporti sulla buona strada per ridurre le proprie emissioni del 90%”[196].Un piano ben fatto, cui manca una parte fondamentale: un’idea concreta che disincentivi gli spostamenti. In l’Italia, ad esempio,il 67,9% delle persone si sposta quotidianamente per motivi di lavoro – una percentuale altissima[197]; in Germania almeno 3,4 milioni di persone si spostano giornalmente da uno Stato federale all’altro per motivi professionali[198]. In qualsiasi luogo europeo, se si osservano le statistiche, i trasporti sia pubblici che privati vengono impegnati principalmente per motivi di lavoro.

Durante i lockdown ai quali si è ricorsi a causa della pandemia, le città di tutto il mondo hanno giocoforza dovuto relazionarsi con gli ambienti professionali in modo del tutto diverso, e l’approdoal telelavoro ha subito un incremento mai visto in precedenza. È aumentata l’efficienza e si sono ridotti i costi. I dipendenti hanno migliorato la propria qualità di vita: basta pendolarismo e ricerca di un parcheggio. Più di tutti ne ha beneficiato l’ambiente: drastica riduzione dei consumi energetici, del traffico cittadino, delle emissioni e dei chilometri percorsi.Avremmo voluto più coraggio dalla Commissione Europea in merito: un piano dettagliato, incentiviai vari Paesi nel dotarsi della giusta legislazione, campagne di sensibilizzazione.

Quale sostenibilità?

Strade di Seoul libere dall’inquinamento in seguito ai mesi di pandemia[199]

Questo nostro lavoro si conclude con un’unica certezza e molte domande.La certezza riguarda il fatto che l’inquinamento derivante dai combustibili fossili sia responsabile del repentino cambiamento climatico e che, a causa di questo, si è largamente condivisa la volontà di affrontare le questioni ambientali con la convinzione che il tempo sia particolarmente tiranno.Ma tali decisioni possono avereeffetti domino particolarmente insidiosi, che rischiano di inficiare gli obiettivie addirittura di ottenere effetti controproducenti sul piano della sostenibilità.

I gravi danni ambientali, lo sfruttamento minorile e le disumane condizioni di chi lavora in miniera si aggraveranno per l’impennata della domanda di minerali; il problema dei processi di smaltimento rischia di finire fuori controllo e di risultare largamente insostenibile; ilripensamento delle infrastrutture legate alla distribuzione elettrica, la stessa sostenibilità energetica alla fonte (l’attuale crisi sta imponendo una inversione a u in direzione del fossile)assumeproporzioni titaniche; le conseguenze in termini di inquinamento elettromagnetico, finoraampiamente sottovalutate, rischiano di trasformarsi in un serio boomerang; chiudere la porta in faccia ai paesi produttori di petrolio potrebbe innescaregravi destabilizzazioni; gran parte delle famiglie occidentali potrebbe dover far fronte a costi insostenibili e veder preclusa la possibilità di spostarsi, ed il turismo potrebbe subire serie ripercussioni; ci saranno, solo in Europa, milioni di disoccupati, banche in difficoltà, settori industriali che perderanno know-how o si estingueranno. E non avremo fonti di energia sufficienti, e seppure le avessimo sarà la rete di distribuzione ad essere totalmente inadeguata – tutti interrogativi ai quali nessuno sembra aver cercato risposta.

Si fa strada la certezza che la sentenza di morte pronunciata contro il motore a scoppio sia uno spericolato salto nel buio, e sembra sia stata pronunciata da un pool di esecutori seriamente privi delle capacità di comprendere il proprio gesto.Le industrie si preparano: trasformano le catene di montaggio e licenziano. Che faremo se a metà strada ci accorgessimo di non poter raggiungere gli obiettivi? Perché Bruxelles non se ne preoccupa? Quale è la vera sostenibilità dell’intero progetto? È davvero un progetto, o una decisione folle presa in una giornata di umore tetro?

Il Green Deal europeo rimaneuna risposta importante alle sfide che il mondo e l’Europa si trovano ad affrontare, ma vorremmo un po’ più di realismo e cautela. Miriamo a rendere l’Europa il primo continente climaticamente neutro entro il 2050, ma chiediamochiarezza sui troppi aspetti completamente ignorati. Trasformare l’economia in un sistema pulito e circolare, riducendo l’inquinamento e ripristinando la biodiversità, non è più una scelta, ma un obbligo cui lavorare insieme – è l’unico modo per tentare di invertire un processo distruttivo che sta esprimendo tutta la sua forza col cambiamento climatico.Ma un pianeta non si salva con la cecità della burocrazia interstellare della distopia di Douglas Adams.

È una lotta contro il tempo, non ce ne rimane molto.

FRA022

[1]https://evspias.com/the-european-parliament-approves-the-end-of-combustion-cars-in-2035/

[2]https://www.consilium.europa.eu/en/policies/green-deal/fit-for-55-the-eu-plan-for-a-green-transition/

[3]https://oeil.secure.europarl.europa.eu/oeil/popups/summary.do?id=1706841&t=e&l=en

[4]https://pledgetimes.com/stop-thermal-car-sales-germany-says-no/

[5]https://www.bloomberg.com/news/articles/2021-07-12/france-pushes-back-against-eu-banning-combustion-cars-by-2035#:~:text=France%20is%20resisting%20the%20European,for%20plug%2Din%20hybrid%20models.

[6]https://www.repubblica.it/economia/2022/06/09/news/cingolani_partiti_divisi_sulla_frenata_alle_auto_elettriche_i_verdi_e_il_ministro_delle_fonti_fossili_tajani_bene_s-353144542/

[7]https://www.anfia.it/en/

[8]https://www.wallstreetitalia.com/lue-mette-al-bando-auto-a-diesel-e-benzina-a-partire-dal-2035-anfia-a-rischio-70-mila-posti-di-lavoro/#:~:text=%E2%80%9CSono%2070.000%20i%20posti%20di,di%20ricarica%20o%20altri%20componenti.

[9]https://www.repubblica.it/economia/2022/06/09/news/cingolani_partiti_divisi_sulla_frenata_alle_auto_elettriche_i_verdi_e_il_ministro_delle_fonti_fossili_tajani_bene_s-353144542/

[10]https://www.reuters.com/markets/europe/five-countries-seek-delay-eu-fossil-fuel-car-phase-out-document-2022-06-24/#main-content

[11]https://www.world-today-news.com/economica-net-problems-inside-acea-worsen-after-stellantis-volvo-leaves-the-association/

[12]https://newsbeezer.com/hungaryeng/another-car-manufacturer-leaves-the-association-of-european-car-manufacturers-in-shards/

[13]https://www.eceee.org/all-news/news/factbox-fossil-fuel-based-vehicle-bans-across-the-world/

[14]https://www.eceee.org/all-news/news/factbox-fossil-fuel-based-vehicle-bans-across-the-world/

[15]https://news.trust.org/item/20201204160932-5143z/

[16]https://www.virta.global/en/global-electric-vehicle-market?__hstc=51530422.19d2ccb43c194831416b184713b74aeb.1658419090585.1658419090585.1658419090585.1&__hssc=51530422.1.1658419090585&__hsfp=3543246309&hsutk=19d2ccb43c194831416b184713b74aeb&contentType=standard-page&pageId=11330961497#nine

[17]https://www.virta.global/en/global-electric-vehicle-market

[18]https://www.virta.global/en/global-electric-vehicle-market?__hstc=51530422.19d2ccb43c194831416b184713b74aeb.1658419090585.1658419090585.1658419090585.1&__hssc=51530422.1.1658419090585&__hsfp=3543246309&hsutk=19d2ccb43c194831416b184713b74aeb&contentType=standard-page&pageId=11330961497#nine

[19]https://www.iea.org/data-and-statistics/data-product/global-ev-outlook-2022#

[20]https://www.news18.com/news/auto/4-2-million-evs-sold-in-first-half-of-2022-globally-china-leads-5746459.html

[21]https://seekingalpha.com/article/4528473-ev-company-news-month-july-2022

[22]https://www.iea.org/data-and-statistics/data-product/global-ev-outlook-2022#

[23]https://www.iea.org/reports/global-ev-outlook-2022/executive-summary

[24]https://www.idtechex.com/en/research-report/electric-vehicles-land-sea-and-air-2022-2042/867

[25]https://www.iea.org/reports/global-ev-outlook-2022/executive-summary

[26]https://www.iea.org/reports/world-energy-model/announced-pledges-scenario-aps

[27]https://www.iea.org/reports/global-ev-outlook-2022/executive-summary

[28]https://www.iea.org/reports/global-ev-outlook-2022/executive-summary

[29]https://www.mesinc.net/critical-aspects-of-design-for-electric-vehicles/

[30]https://www.renaultgroup.com/en/news-on-air/news/the-energy-efficiency-of-an-electric-car-motor/#:~:text=For%20an%20electric%20vehicle%2C%20energy,not%20a%20very%20large%20amount.

[31]https://www.carthrottle.com/post/how-do-electric-vehicles-produce-instant-torque/

[32]https://www.automotivemanufacturingsolutions.com/ev-battery-production/thinking-outside-the-box-lightweight-battery-enclosures/42124.article

[33]https://www.dmove.it/news/ancora-una-volta-tesla-e-leader-nel-settore-delle-auto-elettriche-le-sue-batterie-sono-le-meno-care-al-mondo-e-senza-risparmiare-sull-autonomia

[34]https://www.cnbc.com/2021/10/19/automakers-are-spending-billions-to-produce-battery-cells-for-evs-in-the-us.html

[35]https://pod-point.com/guides/driver/how-long-to-charge-an-electric-car#:~:text=Summary,with%20a%207kW%20charging%20point.

[36]https://www.midtronics.com/blog/do-electric-car-ev-batteries-degrade-over-time/#:~:text=Most%20electric%20vehicle%20batteries%20have,last%20well%20over%20ten%20years.

[37]https://weightofstuff.com/why-are-electric-car-batteries-so-heavy/

[38]https://www.dazetechnology.com/it/in-quanto-tempo-si-ricarica-unauto-elettrica/

[39]https://www.hdmotori.it/auto/guide/n518429/tempo-ricarica-auto-elettriche-casa-colonnine/

[40]https://www.hdmotori.it/auto/guide/n518429/tempo-ricarica-auto-elettriche-casa-colonnine/

[41]https://www.hdmotori.it/auto/guide/n518429/tempo-ricarica-auto-elettriche-casa-colonnine/

[42]https://www.hdmotori.it/auto/guide/n518429/tempo-ricarica-auto-elettriche-casa-colonnine/

[43]https://www.hdmotori.it/2019/03/07/tesla-supercharger-v3-ricarica-rapida-250-kw-info/

[44]https://www.inverse.com/innovation/teslas-new-software-update-brings-batteries-in-from-the-cold#:~:text=Beginning%20this%20week%2C%20Tesla%20is,times%20for%20owners%20by%2025%25.

[45]https://www.virta.global/blog/ev-charging-infrastructure-development-statistics

[46]https://insideevs.com/reviews/443791/ev-range-test-results/

[47]https://www.alke.com/autonomy-electric-vehicles

[48]https://www.virta.global/blog/how-are-we-charging-a-deep-dive-into-the-ev-charging-station-utilization-rates

[49]https://www.euronews.com/next/2022/06/20/demand-for-evs-is-soaring-is-europes-charging-station-network-up-to-speed

[50]https://assets.ey.com/content/dam/ey-sites/ey-com/en_gl/topics/power-and-utilities/power-and-utilities-pdf/power-sector-accelerating-e-mobility-2022-ey-and-eurelectric-report.pdf

[51]https://www.uswitch.com/electric-car/ev-charging/european-capitals-best-density-ev-charging-stations/

[52]https://www.virta.global/blog/myth-buster-electric-vehicles-will-overload-the-power-grid

[53]https://ember-climate.org/insights/research/eu-slashes-fossil-fuels/

[54]https://www.weforum.org/agenda/2022/02/europe-overachieving-net-zero/

[55]https://www.dmove.it/reportage/la-ricarica-della-batteria-non-e-come-il-rifornimento-di-carburante-capito-questo-la-paura-passa

[56]https://www.uswitch.com/electric-car/ev-charging/european-capitals-best-density-ev-charging-stations/

[57]https://www.dmove.it/reportage/la-ricarica-della-batteria-non-e-come-il-rifornimento-di-carburante-capito-questo-la-paura-passa

[58]https://www.dmove.it/reportage/la-ricarica-della-batteria-non-e-come-il-rifornimento-di-carburante-capito-questo-la-paura-passa

[59]https://www.dmove.it/reportage/la-ricarica-della-batteria-non-e-come-il-rifornimento-di-carburante-capito-questo-la-paura-passa

[60]https://www.latuaauto.com/quante-auto-ci-sono-in-italia-2214.html#:~:text=In%20Italia%20circolano%20attualmente%2037,possono%20ancora%20guidare%20un%20auto.

[61]https://www.latuaauto.com/quante-auto-ci-sono-in-italia-2214.html#:~:text=In%20Italia%20circolano%20attualmente%2037,possono%20ancora%20guidare%20un%20auto.

[62]https://www.businessinsider.com/map-shows-solar-panels-to-power-the-earth-2015-9?r=US&IR=T

[63]https://reader.elsevier.com/reader/sd/pii/S2666792421000548?token=AC6676B8C611AD5CE0E12A02B9D4E8F0AEF24B0A3635CD33A44D1615D2AD7F1F673B0F37BA97D1B5C16853437F897026&originRegion=eu-west-1&originCreation=20220909023822

[64]https://reader.elsevier.com/reader/sd/pii/S2666792421000548?token=AC6676B8C611AD5CE0E12A02B9D4E8F0AEF24B0A3635CD33A44D1615D2AD7F1F673B0F37BA97D1B5C16853437F897026&originRegion=eu-west-1&originCreation=20220909023822

[65]https://reader.elsevier.com/reader/sd/pii/S2666792421000548?token=AC6676B8C611AD5CE0E12A02B9D4E8F0AEF24B0A3635CD33A44D1615D2AD7F1F673B0F37BA97D1B5C16853437F897026&originRegion=eu-west-1&originCreation=20220909023822

[66]https://thedriven.io/2022/03/28/why-are-so-many-ev-charging-stations-out-of-order-are-they-reliable/

[67]https://www.ideegreen.it/auto-elettriche-e-campi-elettromagnetici-38879.html

[68]https://www.ideegreen.it/auto-elettriche-e-campi-elettromagnetici-38879.html

[69]https://www.bafu.admin.ch/dam/bafu/it/dokumente/elektrosmog/ud-umwelt-diverses/elektrosmog_in_derumwelt.pdf.download.pdf/l_elettrosmog_nellambiente.pdf ; https://archivio.pubblica.istruzione.it/news/2004/allegati/opuscolo_informativo_su_campi_elettromagnetici.pdf ;

[70]https://www.voltimum.it/sites/www.voltimum.it/files/fields/attachment_file/it/others/H/2006021446698321uinamento_elettromagnetico.pdf

[71]https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/lesperto-risponde/abitare-vicino-a-torri-elettriche-e-tralicci-puo-essere-pericoloso-per-la-salute

[72]https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2003/08/29/200/sg/pdfGazzetta Ufficiale n.200 del 29 agosto 2003, Pag. 11

[73]https://www.geotab.com/blog/ev-battery-health/

[74]https://about.bnef.com/blog/battery-pack-prices-fall-to-an-average-of-132-kwh-but-rising-commodity-prices-start-to-bite/#:~:text=For%20battery%20electric%20vehicle%20(BEV,of%20the%20total%20pack%20price.

[75]https://www.carsales.com.au/editorial/details/how-much-does-it-cost-to-replace-an-ev-battery-136621/

[76]https://ukfiremag.mdmpublishing.com/electric-vehicle-fires-on-ships/

[77]https://www.batterypowertips.com/ev-battery-technologies-from-the-state-of-the-art-to-the-future-energy-stores-faq-2/

[78]https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1364032122003793

[79]https://www.cnbc.com/2022/01/29/electric-vehicle-fires-are-rare-but-hard-to-fight-heres-why.html

[80]https://eu.usatoday.com/story/money/cars/2022/06/23/tesla-fire-california-reignites/7709296001/

[81]https://www.researchgate.net/publication/319368068_Toxic_fluoride_gas_emissions_from_lithium-ion_battery_fires

[82]https://www.tesla-fire.com/

[83]https://www.cnbc.com/2021/10/12/lg-chem-to-pay-up-to-1point9-billion-to-gm-over-bolt-ev-battery-fires.html

[84]https://www.reuters.com/business/autos-transportation/hyundai-motor-replace-battery-systems-900-mln-electric-car-recall-2021-02-24/#:~:text=SEOUL%2C%20Feb%2024%20(Reuters),the%20bill%20when%20problems%20arise.

[85]https://www.electrive.com/2020/10/14/ford-kuga-hybrid-battery-problems-persist/

[86]https://www.electrive.com/2020/10/13/bmw-recalls-multiple-phev-models/

[87]https://www.ri.se/sites/default/files/2020-12/FRIC%20D1.2-2020_01%20FIVE%20conference%20presentation%20Multi-storey%20car%20park%20fire%2C%20presentation.pdf

[88]https://www.ukpandi.com/news-and-resources/articles/2021/car-carrier-fires-and-the-associated-risks-with-electric-vehicle-transportation/

[89]https://www.cedtechnologies.com/did-electrical-vehicles-lithium-ion-batteries-sink-felicity-ace/

[90]https://www.forbes.com/sites/neilwinton/2022/03/02/electric-car-fire-risks-look-exaggerated-but-more-data-required-for-definitive-verdict/

[91]https://www.forbes.com/sites/neilwinton/2022/03/02/electric-car-fire-risks-look-exaggerated-but-more-data-required-for-definitive-verdict/

[92]https://www.innovationnewsnetwork.com/safety-of-electric-vehicle-batteries/9349/

[93]https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8914635/ ; “Complex electromagnetic problems associated with the use of electric vehicles in urban transport” – Krzysztof Gryz, Jolanta Karpowicz and Patryk Zradziński – Felipe Jiménez, academic editor – feb 2022;

[94]https://www.boydcorp.com/resources/resource-center/blog/electric-vehicle-batteries-protecting-against-collision-thermal-runaway.html

[95]https://www.batterypowertips.com/ev-battery-technologies-from-the-state-of-the-art-to-the-future-energy-stores-faq-2/

[96]https://www.change.org/p/electronics-companies-stop-unethical-coltan-mining-in-the-democratic-republic-of-congo

[97]https://www.iea.org/data-and-statistics/charts/minerals-used-in-electric-cars-compared-to-conventional-cars

[98]https://www.nature.com/articles/d41586-021-02222-1

[99]https://www.nature.com/articles/d41586-021-02222-1

[100]https://news.mongabay.com/2022/05/chinese-companies-linked-to-illegal-logging-and-mining-in-northern-drc/#:~:text=Chinese%20investors%20control%20about%2070,21%20percent%20of%20global%20production.

[101]https://earth.org/rare-earth-mining-has-devastated-chinas-environment/

[102]https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/12/17/congo-bimbi-morti-e-rimasti-paralizzati-nelle-miniere-di-cobalto-class-action-contro-i-giganti-del-digitale-rispondano-delle-vittime/5622684/

[103]https://earth.org/rare-earth-mining-has-devastated-chinas-environment/

[104]https://www.metallirari.com/cobalto-5-piu-grandi-societa-mondo/

[105]https://investingnews.com/daily/resource-investing/critical-metals-investing/rare-earth-investing/rare-earth-metal-production/

[106]https://investingnews.com/daily/resource-investing/critical-metals-investing/rare-earth-investing/rare-earth-reserves-country/

[107]https://www.nature.com/articles/d41586-021-02222-1

[108]https://www.piratewires.com/p/control-the-metal-control-the-world

[109]https://www.nature.com/articles/s41598-022-10105-2 ; https://earth.org/rare-earth-mining-has-devastated-chinas-environment/

[110]https://earth.org/rare-earth-mining-has-devastated-chinas-environment/

[111]https://landportal.org/node/102464

[112]https://www.investmentmonitor.ai/sectors/extractive-industries/china-rare-earths-supply-chain-west

[113]https://www.goudsmit.co.uk/fears-over-the-supply-of-neodymium-magnets-for-wind-turbines/

[114]https://lynasrareearths.com/products/how-are-rare-earths-used/wind-turbines/

[115]https://www.piratewires.com/p/control-the-metal-control-the-world

[116]https://www.adamasintel.com/reports/

[117]https://www.investmentmonitor.ai/sectors/extractive-industries/china-rare-earths-supply-chain-west

[118]https://www.sustainability-times.com/low-carbon-energy/the-future-of-wind-power-is-looking-bright-energy-agency-says/

[119]https://www.bruegel.org/sites/default/files/wp_attachments/PC-04-GrenDeal-2021-1.pdf

[120]https://www.forbes.com/sites/larrybell/2012/04/15/chinas-rare-earth-metals-monopoly-neednt-put-an-electronics-stranglehold-on-america/?sh=32b0cb662d6d

[121]https://www.voanews.com/a/usa_california-mine-becomes-key-part-push-revive-us-rare-earths-processing/6200183.html

[122]https://www.mining.com/web/mp-materials-profit-more-than-doubles-on-higher-rare-earths-prices/

[123]https://pv-magazine-usa.com/2022/07/12/ev-battery-recycling-startup-claims-95-recovery-yield-using-10-times-less-energy/

[124]https://www.iberdrola.com/about-us/lines-business/flagship-projects/puertollano-green-hydrogen-plant

[125]https://www.aps.org/publications/apsnews/201909/history.cfm#:~:text=It%20was%20a%20Welsh%20judge,Wales%2C%20to%20a%20local%20magistrate.

[126]https://www.nature.com/articles/s41560-022-01062-1Liu, S., Li, C., Zachman, M.J. et al. Atomically dispersed iron sites with a nitrogen–carbon coating as highly active and durable oxygen reduction catalysts for fuel cells. Nat Energy 7, 652–663 (2022). https://doi.org/10.1038/s41560-022-01062-1

[127]https://www.labmanager.com/news/new-iron-catalyst-could-make-hydrogen-fuel-cells-affordable-28417

[128]https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acsanm.1c04331

[129]https://www.eniscuola.net/wp-content/uploads/2011/02/pdf_idrogeno_2.pdf

[130]https://www.eniscuola.net/wp-content/uploads/2011/02/pdf_idrogeno_2.pdf

[131]https://fuelcellsworks.com/news/hygear-expands-its-hydrogen-trailer-fleet-in-europe/

[132]https://www.eniscuola.net/wp-content/uploads/2011/02/pdf_idrogeno_2.pdf

[133]https://www.edf.org/media/study-emissions-hydrogen-could-undermine-its-climate-benefits-warming-effects-are-two-six

[134]https://www.edf.org/media/study-emissions-hydrogen-could-undermine-its-climate-benefits-warming-effects-are-two-six

[135]https://www.glpautogas.info/en/hydrogen-stations-germany.html

[136]https://www.glpautogas.info/en/hydrogen-stations-france.html

[137]https://www.glpautogas.info/en/hydrogen-stations-spain.html

[138]https://www.glpautogas.info/en/hydrogen-stations-italy.html

[139]https://www.alstom.com/press-releases-news/2021/6/coradia-ilint-alstom-presents-worlds-first-hydrogen-passenger-train#:~:text=The%20world’s%20first%20hydrogen%20train,diesel%20train%20family%20Coradia%20Lint.

[140]https://www.trains.com/trn/news-reviews/news-wire/worlds-first-hydrogen-trains-enter-regular-passenger-service/

[141]https://www.acea.auto/figure/average-age-of-eu-vehicle-fleet-by-country/

[142]https://www.acea.auto/figure/average-age-of-eu-vehicle-fleet-by-country/

[143]ricerca Jato Dynamics 2021: https://info.jato.com/electric-vehicles-a-pricing-challenge

[144]https://pledgetimes.com/electric-cars-how-much-they-cost-more-than-thermals-the-price-challenge/

[145]ricerca Jato Dynamics 2021: https://info.jato.com/electric-vehicles-a-pricing-challenge

[146]https://www.cnet.com/roadshow/news/volkswagen-ev-ice-sales/#:~:text=Cars-,Volkswagen%20foresees%20EV%20price%20parity%20with%20ICE%20by%202025%2C%2050,start%20to%20accelerate%20around%202025.&text=It%20all%20started%20with%20Gran%20Turismo.

[147]https://about.bnef.com/blog/electric-cars-reach-price-parity-2025/

[148]https://finance.yahoo.com/news/european-used-car-market-report-121800425.html

[149]https://www.best-selling-cars.com/europe/2021-full-year-europe-car-sales-per-eu-uk-and-efta-country/#:~:text=2021%20(Full%20Year)-,In%202021%2C%20new%20passenger%20vehicle%20registrations%20in%20the%20European%20Union,up%2010.3%25%20to%20427%2C512%20cars.

[150]https://www.ft.com/content/fbe8843e-1d2e-4a25-bce8-dcf77304fc37

[151]https://reneweurope-cor.eu/wp-content/uploads/2020/06/The-Green-Deal-and-the-Automotive-Industry-in-the-EU.pdf

[152]https://reneweurope-cor.eu/wp-content/uploads/2020/06/The-Green-Deal-and-the-Automotive-Industry-in-the-EU.pdf

[153]https://3seaseurope.com/central-europe-automotive-crisis/

[154]https://www.reuters.com/article/us-volvo-layoffs-idUSKBN23N24G

[155]https://www.theguardian.com/business/2020/may/29/renault-to-cut-14600-jobs-as-part-of-2bn-cost-saving-plan-covid-19

[156]https://www.electrive.com/2021/12/17/nissans-barcelona-plant-is-now-closed/#:~:text=Nissan%20revealed%20the%20decision%20to,Sant%20Andreu%20de%20la%20Barca.

[157]https://www.reuters.com/article/us-nissan-layoffs-idUSKBN22Y0SK

[158]https://www.bruegel.org/sites/default/files/wp_attachments/PC-04-GrenDeal-2021-1.pdf

[159]https://www.bp.com/content/dam/bp/business-sites/en/global/corporate/pdfs/energy-economics/statistical-review/bp-stats-review-2022-full-report.pdf

[160]https://www.bp.com/content/dam/bp/business-sites/en/global/corporate/pdfs/energy-economics/statistical-review/bp-stats-review-2022-full-report.pdf

[161]https://ourworldindata.org/fossil-fuels

[162]https://www.bp.com/content/dam/bp/business-sites/en/global/corporate/pdfs/energy-economics/statistical-review/bp-stats-review-2022-full-report.pdf

[163]https://www.epa.gov/ghgemissions/global-greenhouse-gas-emissions-data

[164]https://www.iea.org/topics/transport

[165]https://www.iea.org/reports/global-energy-review-2021/oil

[166]https://www.spglobal.com/commodityinsights/en/market-insights/latest-news/oil/101321-global-fossil-fuel-demand-set-for-2025-peak-under-net-zero-pledges-iea#:~:text=Global%20demand%20for%20fossil%20fuels,13.

[167]https://www.spglobal.com/commodityinsights/en/market-insights/latest-news/oil/101321-global-fossil-fuel-demand-set-for-2025-peak-under-net-zero-pledges-iea#:~:text=Global%20demand%20for%20fossil%20fuels,13.

[168]https://www.spglobal.com/commodityinsights/en/market-insights/latest-news/oil/101321-global-fossil-fuel-demand-set-for-2025-peak-under-net-zero-pledges-iea#:~:text=Global%20demand%20for%20fossil%20fuels,13.

[169]https://www.spglobal.com/commodityinsights/en/market-insights/latest-news/oil/101321-global-fossil-fuel-demand-set-for-2025-peak-under-net-zero-pledges-iea#:~:text=Global%20demand%20for%20fossil%20fuels,13.

[170]https://www.bruegel.org/sites/default/files/wp_attachments/PC-04-GrenDeal-2021-1.pdf

[171]https://www.iea.org/news/support-for-fossil-fuels-almost-doubled-in-2021-slowing-progress-toward-international-climate-goals-according-to-new-analysis-from-oecd-and-iea

[172]https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2020/02/13/auto-elettrica-petrolio/?refresh_ce=1

[173]https://www.ey.com/en_gl/tax-alerts/european-parliament-adopts-carbon-legislation-package-final-negotiations-with-eu-member-state-representatives-expected-soon#:~:text=and%20Member%20States.-,Carbon%20Border%20Adjustment%20Mechanism%20(CBAM),meet%20global%20carbon%20ambition%20goals.

[174]https://www.eia.gov/tools/faqs/faq.php?id=709&t=6

[175]https://internationalfinance.com/oil-gas-what-makes-industry-profitable/

[176]https://internationalfinance.com/oil-gas-what-makes-industry-profitable/

[177]https://www.theenergymix.com/2022/08/07/u-s-state-treasurers-use-public-office-to-thwart-climate-action-investigation-finds/

[178]https://www.theenergymix.com/2022/08/07/u-s-state-treasurers-use-public-office-to-thwart-climate-action-investigation-finds/

[179]https://www.theenergymix.com/2022/08/07/u-s-state-treasurers-use-public-office-to-thwart-climate-action-investigation-finds/

[180]https://www.nytimes.com/2022/08/05/climate/republican-treasurers-climate-change.html

[181]https://www.nytimes.com/2022/08/05/climate/republican-treasurers-climate-change.html

[182]https://uk.practicallaw.thomsonreuters.com/0-624-6147?transitionType=Default&contextData=(sc.Default)#:~:text=A%20procedural%20mechanism%20that%20allows,in%20which%20it%20has%20invested.

[183]https://euractiv.it/section/energia/news/trattato-sulla-carta-dellenergia-leuropa-si-avvicina-alluscita/

[184]https://www.jdsupra.com/legalnews/predicted-rise-in-climate-related-1501919/

[185]https://www.reuters.com/article/us-germany-nuclear-settlement-idUSKBN2AX10T

[186]https://www.bilaterals.org/?us-15-billion-isds-claim-against

[187]https://www.science.org/cms/asset/28b2a970-2e58-48dc-8bb1-f60b60210592/science.abo4637.v1.pdf

[188]https://www.grid.news/story/climate/2022/05/05/the-fossil-fuel-industry-has-a-trillion-dollar-secret-weapon-to-kneecap-climate-action/

[189]https://www.queensu.ca/ensc/kyla-tienhaara

[190]https://www.grid.news/story/climate/2022/05/05/the-fossil-fuel-industry-has-a-trillion-dollar-secret-weapon-to-kneecap-climate-action/

[191]https://www.grid.news/story/climate/2022/05/05/the-fossil-fuel-industry-has-a-trillion-dollar-secret-weapon-to-kneecap-climate-action/

[192]https://transport.ec.europa.eu/transport-themes/infrastructure-and-investment/trans-european-transport-network-ten-t_en

[193]https://transport.ec.europa.eu/news/efficient-and-green-mobility-2021-12-14_en

[194]https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/qanda_21_6729

[195]https://www.theguardian.com/world/2022/aug/30/germanys-9-train-tickets-scheme-saved-18m-tons-of-co2-emissions

[196]https://transport.ec.europa.eu/news/efficient-and-green-mobility-2021-12-14_en

[197]https://www.istat.it/it/files//2021/05/Censimento_spostamenti_pendolari.pdf

[198]https://www.thelocal.de/20210608/commuting-how-many-people-in-germany-travel-to-another-federal-state-for-work/

[199]https://www.theguardian.com/cities/2018/nov/13/what-would-a-smog-free-city-look-like-air-pollution




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